Edoardo Caldarola è stato, credo, il mio primo lettore. Anzi dovrei dire Lettore, con la L maiuscola, per distinguerlo da parenti e amici che, si sa, fanno parte del pacchetto “HoScrittoUnRomanzoCheNePensi?”. Me lo ha detto su twitter che era un mio lettore e la prima cosa che mi ha colpito di questo sconosciuto estimatore è stata la sua gentilezza. Lui su twitter non parlava in 140 caratteri: sussurrava. Per lungo tempo mi ero convinta che vivesse in Puglia (chissà perché) assieme alla sua bellissima famiglia. Poi mi ha detto che no, vive a Perugia e fa il bibliotecario. Forse per questo è abituato a sussurrare… Ho avuto il piacere di conoscere lui, la sua splendida moglie e i suoi figli (l’ultimo era ancora in arrivo) a Roma, all’Auditorium. Un incontro veloce, giusto il tempo di un caffè e quattro chiacchiere, ma sono state chiacchiere dense e significative.
Lui scrive da sempre ma, a differenza di molti aspiranti scrittori o lettori scriventi, non lo sbandiera ai quattro venti, anzi, non crede che i suoi scritti siano così meritevoli. E invece no. Ho letto anche io i suoi racconti e ho provato in tanti modi a convincerlo di proporli per una pubblicazione. Lui ha una penna scorrevole e evocativa, un modo di scrivere che ti cattura dalle prime parole: lui ha il dono dell’incipit. E poi c’è anche il resto, ovviamente.
Vi chiederete perché ne parlo. Finalmente ha deciso di uscire allo scoperto. Tempo fa mi fece leggere un suo racconto, un piccolo noir, così, per vedere se altri due occhi avrebbero scorto qualche imperfezione. Un noir straordinario, a mio avviso, che ha partecipato a un concorso e che…HA VINTO. Anzi, ha stravinto. Oggi mi ha comunicato tutto questo, e anche che questo racconto “La traccia” fa parte di un eBook (potete trovarlo qui gratuitamente) dal titolo “Crimini in capsule”, e che esiste anche la versione audio (molto ben fatta) che potete ascoltare qui su youtube.
Vi regalo qui l’incipit di questo racconto e vi invito a scaricare l’intero libro, perché secondo me ne vale la pena. Oppure asoltatelo.
«I capelli. Vanno tirati con forza. Deve sentire lo strappo, una lama in mezzo alla fronte. Così gli fiacchi il collo. Conti fino a tre e gl’infili la testa sotto. Spingi: gli devi togliere la speranza di poter respirare anche solo un’ultima volta nella vita». [da La Traccia di Edoardo Caldarola]