
Immagine presa da qui
Ci ho pensato spesso ultimamente alle conseguenze della crisi, e non per puro masochismo o per filosofia da discount. E non voglio neppure soffermarmi sui sommovimenti sociali veri o presunti, sulla rabbia che esplode o esploderà, sullo stillicidio di speranze e delusioni che quotidianamente ci torturano e di cui ancora mi sfugge lo scopo, lo confesso. È come se fossimo tutti malati terminali e qualche luminare di turno paventasse una cura: ho paura dei loro esperimenti ormai.
Penso invece spesso all’economia dei sentimenti in cui ormai siamo abili ragionieri, i sentimenti intimi, personali, quella molla profonda che ci spinge l’uno verso l’altro in un moto di generosa condivisione. Oh! Non mi riferisco certo all’amore universale e alla fratellanza civile, troppa roba anche in tempo di vacche grasse. Sono, invece, sempre più consapevole del fatto che stiamo operando una spending review dei nostri affetti privati. Ciò che abbiamo già ce lo teniamo stretto: l’amore per i nostri figli non è un costo alienabile ad esempio. Di tutto il resto si può discutere in sede di bilancio. Amare oggi costa, nel vero senso della parola. Costa tempo, energia, denari, e noi non ne abbiamo. Chi ha la fortuna di avere un partner lo osserva ogni mattina con sospetto e timore. Si domanda come mai sia ancora lì e per quanto tempo ancora, e quanto le brutture di questa vita piatta e priva di attrattive possano deformare la visione che un giorno li ha uniti. È un modo rischioso e stressante di vivere i rapporti questo, niente affatto piacevole, e, alla lunga, resistere può fare più male che bene.
No, non sono qui a suggerire facili scappatoie. Se avete una relazione stabile tenetevela stretta, lottate, non datela mai per scontata e inventate qualunque cosa affinché sopravviva, affinché diventi un sentimento inalienabile. Siate forti e risoluti.
Più complicato è trovare qualcosa di nuovo, di vero. Non c’è neppure il mercato nero dell’amore, a quanto pare, o se c’è le nostre risorse non sono adeguate. Capita di conoscere qualcuno e di defilarsi un momento dopo, già mentre ci stringiamo la mano. Evitiamo persino di guardarci negli occhi, perché non si crei quel contatto magico e implicito, quello che rappresenta un “dopo” ipotetico, un dopo che non abbiamo forza né tempo di andare ad esplorare. E se qualche rapporto supera la barriera del primo incontro, se si arriva al secondo e al terzo e oltre, se si ha l’ardire di voler continuare e provare a costruire qualcosa, in questo momento storico ci si accorge che proprio non ci sono i fondi per le basi, per i primi pilastri, per un muro di protezione qualunque. I rapporti di oggi sono case che non si riesce a costruire. Non tutte, per fortuna, altrimenti non si spiegherebbe come mai abbiamo ancora dentro di noi il desiderio di edificare. Ci sono gli esempi positivi. E questi esempi alimentano invidie e bramosie che alla lunga stancano anche il più tenace degli ultimi romantici. Perché noi tutti vorremmo amare come se non ci fosse un domani, noi tutti vorremmo lasciarci travolgere dalla passione, noi tutti vorremmo una lacrima in più da dedicare alla gioia. Siamo stati creati per questo, per provare ad essere felici.
Ecco, vorrei svegliarmi domani sapendo che la crisi non mi ha tolto questa voglia e che qualcuno, magari dietro l’angolo, magari il tizio che sta sorseggiando il suo caffè al bar, sta pensando la stessa cosa. Sarebbe già un buon inizio.
Dopo l’ultima botta (sentimentale) che ho preso, dove ho investito oltre 10 anni della mia vita, non ho più voglia di costruire nulla. Per essere precisi ho avviato una spending review drastica: ha senso dedicarsi all’altro anima e corpo, con i propri limiti, certo, ma non lesinando nulla, quando poi l’altro se ne va senza una spiegazione plausibile, anzi, cercando di farti credere che hai la ghiandola dell’amore difettosa?
Al di là dei miei errori, forse sono stato solo sfortunato. Però questi eventi lasciano il segno.
Quello che ho costruito, che mi identifica e che mi rimane (un lavoro, una figlia, una casa e i miei amici e parenti) non ho nessuna intenzione di metterlo in discussione. Sbaglio? Sicuramente. Sicuramente vivo una vita a cui manca una dimensione, ma l’idea di perdere quel poco che ancora mi identifica per buttarmi nell’ignoto di una relazione a due non mi piace affatto. Né riesco ad immaginarmi qualcuna che voglia stare con uno come me, così poco elastico su questi aspetti della propria vita. La mia unica speranza è che la mia sia una percezione falsata: forse nei fatti forse sono meno rigido di quanto mi immagini e forse là fuori ci sono donne meno esigenti di altre nella vita di coppia. Forse non è detto che la relazione a due voglia dire sempre e solo ignoto. In altre parole: spero di sbagliarmi. 🙂
Per fortuna molti non attuano spending review nei sentimenti.
(Il mio alias è fin troppo conosciuto fra persone reali, anche molto vicine a me. Mi anonimizzo un poco. Dalla mail sai chi sono.)
Mio caro Enea, la spending review di cui tu parli è quella che tutti adottiamo dopo le batoste che hai descritto, uomini e/o donne (sono nella stessa situazione…). La spending review cui mi riferivo io è un po’ più di tipo “costrittivo”, nel senso che mi piace pensare che, se non ci fosse questa crisi che ci toglie la leggerezza di lasciarci andare e di investire nei sentimenti, credo che qualche tentativo lo si potrebbe sempre fare. Rimettersi in gioco è la più grande risorsa di cui l’essere umano è dotato, ma in tempo di crisi non si ha più tanta voglia di giocare.
Mi sono permesso di parlare della mia esperienza perché credo che la crisi economica sia molto simile ad una crisi sentimentale, almeno nei suoi effetti pratici. Dopo tutto anche il lavoro e un tetto sulla testa ci determina in modo significativo, come una relazione stabile. Finché si ha qualcosa (sentimenti e/o soldi) di sicuro da perdere e poche speranze di guadagno la propensione al rischio va a farsi benedire. È naturale che sia così, siamo programmati per la sopravvivenza, prima ancora che per l’evoluzione.
Parli di eccezioni e di invidie. Di eccezioni non ne ho viste, nel senso che le esperienze positive di coppia nate in questi anni di crisi in realtà hanno alle spalle una discreta tranquillità economica. Le altre coppie felici (?) si basano su un rapporto duraturo preesistente. Se vedessi neo coppie nate nella crisi economica non proverei invidia. Semmai proverei ammirazione e un vago senso di emulazione.
Immagino che solo perdendo l’ultimo gradino di sicurezza (economica e/o sentimentale) si possa trovare la forza per fare un nuovo salto.
Enea (so chi sei ma Enea mi piace, così mitologico!), io sono d’accordo con te, e il mio post voleva solo essere un modo per mettere nero su bianco un sentire profondo così da averne il necessario distacco. Una sola discordanza: l’invidia. Io credo che ci sia (anche qui ci sono le dovute eccezioni) e non ho paura ad ammetterlo. Anche l’ammirazione, a volte, come il desiderio di emulazione, nascondono un’invidia che si fa fatica ad accettare ma che c’è. Per fortuna non sempre è così, e quando incontrerò l’uomo che sarà in grado di dimostrarmelo avrò incontrato una persona speciale. Quando affermo che i rapporti di oggi sono case che non riusciamo a costruire mi riferisco proprio a tutti gli ostacoli che incontriamo e al fatto che non abbiamo gli strumenti per poterli superare o, se li abbiamo, il contesto non aiuta l’impresa. Mi piace come concludi il tuo commento, perché sembrerà un paradosso ma è l’unico vero motivo di speranza. Nudi arriveremo alla meta.