Oggi ho visto i migranti. Sì, quelli sporchi, affamati, clandestini, naufraghi, terroristi che ogni giorno e ogni notte sbarcano sulle nostre coste per rubarci qualcosa, non importa cosa, fosse anche l’aria. Li ho visti arrivare in pullman e in treno alla stazione di Passau, ridente e turistica cittadina bavarese sul Danubio. Li ho “attraversati” mentre in file ordinate e silenziose si dirigevano dai volontari che li accoglievano con cibo, vestiti, giocattoli. Passavano scortati da poliziotti gentili. Sui loro volti ho letto smarrimento e sollievo, e posso capirli, sí, ci riesco.
Una donna, avrà avuto i miei anni pur dimostrandone molti di più, guardava una volontaria con gli occhi spalancati e lucidi, tra le mani un paio di pantofole col pelo. Non capiva cosa farne di quelle cose pelose, lei che ai piedi non aveva nulla. Il banco dei giocattoli era il più rumoroso, il più allegro, perché i bambini di tutto il mondo fanno gli stessi versi, hanno la stessa voce quando li sorprendi.
Oggi ho visto i migranti, quelli della TV, per la prima volta, ed è successo qui in Germania, alla luce del sole, e da migrante mi sono sentita privilegiata. Perché io non ho rischiato la pelle, perché io, ai piedi, avevo le scarpe.