La settimana scorsa abbiamo parlato dell’importanza di avere un blog, un luogo curato e utile che possa rappresentare al meglio chi siamo e cosa vogliamo offrire ai nostri ospiti di passaggio. Vi voglio ricordare che questi ospiti sono lettori. E questo è importante perché, come per i libri che scriviamo, se non siamo più che coerenti con noi stessi, credibili, veri, loro se ne accorgeranno e andranno via sbattendo la porta.
Vi ho anche detto che per questa ragione, rendere la mia casa più accogliente, ho deciso di “ristrutturare” il blog. Ma non l’ho fatto da sola. Mi sono affidata a qualcuno che ne capisce, qualcuno in grado di aiutarmi a gestire non solo la veste grafica, ma – e soprattutto – l’indicizzazione e la visibilità. Non un web master quindi, ma un social media manager. Questa strana e ibrida figura esiste già da un po’ di tempo nel mondo professionale. Non ho alcuna intenzione di spiegarvi cos’è e cosa fa un social media manager, però è evidente che sia un prodotto derivato dai social network e dalla necessità sempre maggiore delle aziende di farsi conoscere – comunicando – nel mondo virtuale. Noi scrittori Indie sappiamo bene quanto sia importante comunicare col nostro pubblico, farci conoscere su Facebook, twitter, tumblr, Instagram, Wattpadd, Goodreads, e… la lista sarebbe infinita. Perché allora spesso non ci riusciamo? Perché è un lavoro, ci vuole tempo e dedizione, bisogna conoscere gli strumenti di analisi per decidere quali strategie di comunicazione utilizzare, bisogna sapere cos’è una campagna AdWords, bisogna saper leggere le statistiche o Insight. Insomma, una gran fatica, soprattutto mentale. Meglio rivolgersi a qualcuno che lo sappia fare.
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Come ho già detto nel post precedente, avere l’aiuto di un social media manager costa. Nessuno mi ha ancora fatto sapere quanto (sarebbe interessante avere qualche riscontro dai diretti interessati), ma, come sapete, io cerco sempre la soluzione più economica e, devo dire, stavolta sono stata particolarmente fortunata. Dovete sapere che Google (esatto, proprio il colosso, quello che più ci interessa in questa situazione) ha deciso di “formare” degli specialisti con dei corsi appositi. Specialisti che poi saranno inseriti in aziende sul territorio nazionale per tirocini, stage o lavori veri e propri. Beh, sono riuscita a contattare uno di questi giovani nerd e gli ho proposto di diventare il suo case study. Gratis ma nel reciproco interesse. (clicca sull’immagine qui sotto per saperne di più)
Lui ha studiato il mio blog, lo ha indicizzato per Google (ha cercato parole chiave adatte ai miei contenuti e le ha inserite nella home page. Non chiedetemi come.), mi ha fatto creare un account Hootsuite (straordinario per gestire più social contemporaneamente, guadagnando così tempo prezioso), ha approntato per me una campagna di pubblicazioni con una precisa cronologia, ha studiato il mio Twitter Analytic per decidere quando e con quali hashtag twittare, ha rispolverato la mia newsletter su MailChimp legandola addirittura ai Feed Rss (non ci ero mai riuscita) e, infine, ha approntato una campagna AdWords. Questa si paga, ma si può definire la durata e il budget in anticipo. Io ho stanziato € 30.00 per cinque giorni (fattibile, no?). Il risultato? Un aumento vertiginoso di visite al mio blog (che è diverso dalle visualizzazioni, mi ha spiegato) e diverse vendite in più del mio romanzo Quella volta che sono morta. Abbiamo deciso insieme di puntare su quello, perché tra pochissimo uscirà la versione in inglese e ogni campagna promozionale deve avere un senso e un’opportunità. No, non ho proposto il libro scontato: abbiamo usato parole chiave corrette (esperienze di premorte, la vita oltre la morte, e altre amenità del genere). Il posizionamento su Google? Sempre in prima pagina. Obbiettivo raggiunto, e il ragazzo ha avuto il punteggio massimo all’esame.
Poiché non potrò averlo sempre al mio fianco mi sono fatta suggerire alcuni tutorial da seguire, tante volte volessi cimentarmi. Questo per esempio.
Cosa ho fatto io durante questo periodo? Ho usato Facebook come al solito, ho usato twitter in modo più intelligente, ho scritto questi post – e tante altre cose – e me ne sono andata un po’ in giro. Perché razionalizzando capita che avanzi del tempo. Che meraviglia! Diciamo che il mio contributo principale è stato quello relativo ai contenuti, e mi pare ovvio, e alla condivisione social. Sui miei profili (ne ho anche uno Google+ che è molto importante e tra poco saprete il perché), sulle mie pagine, nei gruppi letterari che frequento, nei gruppi di scrittori di cui faccio parte. Perché puoi aver scritto il libro capolavoro del secolo o avere il più bel blog del mondo, ma se non lo sa nessuno… Vi dicevo di Google+. Ecco, lì esistono le community. Quelle letterarie non sono molto interattive (Facebook è decisamente meglio), ma quelle dei social media manager sì. Voi non sapete quante domande ho fatto e quante volte mi hanno risposto con consigli sempre pertinenti. Oltretutto analizzare uno scrittore come cliente è una novità, quindi l’interesse da parte loro è reale. E gratuito.
Io direi che la questione blog possiamo archiviarla, almeno per il momento, tanto avete capito quanto è importante, giusto? Giusto. Nei prossimi articoli vi parlerò di cosa fare con gli altri. Chi sono “Gli Altri”? I lettori, gli scrittori, i gruppi social, i forum letterari e, insomma, tutti quegli “aggregatori naturali” che possono in qualche modo aiutarci a far parte di questo meraviglioso mondo che gira intorno alla divulgazione di un libro. Magari bello. Magari il mio…
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