Una piccola grande felicità

Ci sono certe piccole felicità che a volte ci sorprendono e rischiamo di non coglierne il sapore dolce e speciale. Bisogna stare attenti a non perderle, a non lasciarsi distrarre dagli innumerevoli ostacoli che il mondo esterno ci pone davanti, perché poi loro, quelle piccole felicità, non tornano.

Ho capito da tempo che non sono fatta di roccia: piango spesso, grido quando sono sola ché non voglio spaventare la gente. Ho anche paura, a volte, e forse piangere e gridare mi aiuta a scacciarla via, a spaventare lei, che se ne vada che non ce l’ho il tempo di combatterla, né la voglia.

Quando la paura mi assale, e piango e grido, allora arrivano i pensieri belli. Che strano, mi dico, proprio adesso? E sono tutti pensieri che nascono dalle piccole felicità che non ho perduto, quelle che si sono fissate in qualche angolo del mio cuore a fare da riserva per i momenti cupi. Il mio carburante di vita.

Ci sono anche le grandi felicità, come le belle notizie, epifanie che danno un senso alle più grandi sofferenze. La nascita di un bambino avviene dopo un doloroso travaglio, ci vuole un attimo a dimenticare tutto davanti a un tale dono. Il dono per me in questo inizio di anno è stato sapere che comincerò una nuova terapia sperimentale, quella che avevo tanto sognato e desiderato da quando Scilla e Cariddi sono tornati. Sembra quasi una follia parlare di felicità per una terapia oncologica, ma la vita è così bella che vale la pena viverla il più possibile e meglio che si può.

A dicembre ho scritto in un post che ero grata a mia figlia perché aveva trovato le parole giuste al momento giusto. In un momento di particolare fragilità mi aveva detto “sei tu che emetti la tua sentenza, poi l’intero Universo farà in modo che si realizzi, quindi emetti una sentenza positiva.” Io l’ho fatto, non con le parole o con i desideri di un sogno, ma con l’essenza segreta di Cetta. No cari miei, non vi libererete di me, c’è tempo, tanto tempo ancora.

Ora non vi abituate a post melensi come questo e non fatevi prendere dal panico, non comincerò a fare la dispensatrice di saggezza: io non sono saggia altrimenti farei altro nella vita. Oggi è l’ultimo dei tre giorni della Merla che tradizionalmente sono i più freddi dell’anno e qui a Roma pare primavera. Non so cosa possa significare, gli esperti dei cambiamenti climatici avranno le loro spiegazioni. Io non ne ho, a riprova della mia scarsa saggezza, ma me li sono goduti tutti con questo caldo fuori e il caldo dentro al cuore e la mia piccola grande felicità che ho voluto condividere con voi e ciao gennaio, bentornato febbraio.

Ogni giorno succedono piccole cose, tante da non riuscire a tenerle a mente né a contarle, e tra di esse si nascondono granelli di una felicità appena percepibile, che l’anima respira e grazie alla quale vive. [Banana Yoshimoto]

 

Buon 2020 di aria buona per il futuro

Ogni anno il 31 dicembre mi ritrovo a scrivere cose. Oggi in realtà non ne avevo una gran voglia, poi però mi sono ritrovata a inviare messaggi agli amici, messaggi unici, niente copia e incolla, e allora mi sono detta che non sarei mai riuscita a finire entro la mezzanotte, tanto vale dedicarvi un post collettivo.

Al 2019 non devo dire nulla, poverino sta per morire sepolto da tonnellate di cibo e incenerito da miliardi di fuochi. Sono stati i soliti 365 giorni di speranze accese, di sogni da realizzare, di cambiamenti e di quotidianità. Qualcosa è accaduto, altro è rimasto lì, in attesa del momento buono per venire fuori alla luce. Potessimo ripercorrere ogni istante dell’anno che sta per finire avremmo modo di pentirci o di gioire, in ogni caso saremmo consapevoli di aver imparato qualche lezione importante il cui significato oggi ci sfugge. È sempre così, lo capiremo poi, quando saremo grandi. Forse.

Io ho ancora tante cose da capire, gli ultimi mesi sono stati come un viaggio velocissimo e lentissimo sulle montagne russe, emozioni contrastanti che mi hanno portata a una decisione determinante per il mio futuro: le mie sentenze le decido io.

Ho avuto in regalo un autunno ricco: il ruolo nella scuola, il mio nuovo romanzo, incontri straordinari, amicizie nuove e amicizie rinnovate, affetti e calore che credevo perduti. Ho pianto molto ma ho riso di più, e questo non mi pare poco.

Per cui, caro 2019, io non ti dico mortacci tua, non ti butto via così, nonostante tutto. Certo qualche cosina te la potevi risparmiare, ma mi dicono che il neonato che sta per arrivare ha, almeno nei numeri, tanti buoni presagi. Più che ai presagi io credo alla volontà e alla consapevolezza, quindi non leggerò oroscopi, mi affiderò all’energia dell’Universo.

E anche a voi, amici che mi state leggendo, auguro che il vento nuovo che sta per arrivare sia fatto di aria buona e ricca, quella che serve per vivere e per sentire il futuro più vicino e possibile.

Buon 2020, anno doppio, doppio di cose belle.

La vita ha bisogno di liste felici

Ci sono questi momenti la sera tardi, che mi fermo e ascolto. Il frinire dei grilli fuori dalla finestra, il respiro dell’aria che passa leggera fra le tende, il battito del mio cuore, il silenzio. Il silenzio è la porta spalancata sui miei pensieri e spesso, quasi sempre ormai, faccio un particolare esercizio quando li sento arrivare: conto.

A volte conto semplicemente i numeri, così, in sequenza, prima nella mente e poi, quando cominciano ad essere tanti, li pronuncio ad alta voce e rido, perché il suono della mia voce mentre scandisco i numeri non lo riconosco, neppure il senso di ciò che dico mi è familiare. Non so se vi è mai capitato…

Altre volte mi metto a contare i giorni belli, una sorta di lista felice, e per farla sembrare più lunga la suddivido in sottogruppi formati da ore, minuti, momenti. Capita che si confonda tutto, e allora ricomincio ad alta voce e rido, perché il suono della mia voce mentre elenco gruppi e sottogruppi di felicità non lo riconosco. Il senso di ciò che dico però mi è familiare, sono parole che hanno casa nel cuore.

Tutto questo contare roba astratta e roba bella serve a distrarmi, perché quando sono sola, nel silenzio, i pensieri più bui sono lì in agguato e davvero non ho voglia di averci a che fare. C’è stato, sì c’è stato il momento in cui ho parlato con la morte, il momento in cui il pensiero è arrivato e l’ho affrontato: inutile eluderlo, fare finta di niente, tanto mi avrebbe colpita a tradimento. Allora mi sono preparata e l’ho preso di petto, ci ho ragionato un po’ e abbiamo deciso insieme che si sarebbe fatto a modo mio. Mancavano pochi giorni al mio intervento, nel dicembre scorso, e quel confronto ha lasciato un segno profondo. Nessuno mai dovrebbe, in vita, affrontare la morte, il pensiero di questo evento drammatico, ma se accade… beh, nessuno mai può avere il diritto di scegliere al nostro posto, è una decisione troppo intima perché si possa demandare ad altri.

Mi rendo conto, ora che sto scrivendo, di aver lasciato la porta un po’ troppo spalancata ai pensieri bui, e non è certo questo il momento più adatto. Questo mese di settembre, che fra poco finisce, ha portato tante emozioni, alcune ancora da svelare – manca pochissimo però – altre vissute e godute come un banchetto nuziale ben preparato, dall’antipasto al dolce. La lista felice si allunga.

C’è poi questa mia mezza anima napoletana con la quale fare i conti, quella scaramantica che mi impone di tacere che le cose belle sennò cambiano strada. E io allora sto zitta, ma quanto mi prudono in bocca certe notizie! E lo so bene che la vita è una giostra e bisogna trovare l’equilibrio per non cadere e la felicità serve a questo. A volte ne basta poca, pochissima.

Tutto questo discorso apparentemente privo di senso – abbiate pazienza, comincio ad avere sonno – serve per annunciare che a breve farò un annuncio: non è meraviglioso?