– Michela! – L’appuntato Salemi corse verso la fidanzata affondando malamente le scarpe nella sabbia soffice. Rotolò caracollando ai suoi piedi con l’ultimo balzo. – Amore, ma che ti prende? – Esclamò la ragazza.
– Mi dispiace ma devo tornare in paese. È per quella faccenda di cui ti accennavo al telefono, capisci? – E le strizzò l’occhio. No, Michela non capiva. L’unica cosa che le importava era che la loro bella giornata in spiaggia poteva considerarsi conclusa. Mise il broncio e gli voltò le spalle. Non era giusto…
Marta Antoniotti arrivò giusto in quel momento e scrollò le spalle nel vedere la scena. Quella figlia doveva imparare al più presto quando è l’ora di smettere di fare capricci. Individuò il marito e la figlia minore, poco discosti, e si avvicinò a loro.
– Tutto a posto? – Le chiese il marito. – Tutto a posto. – Rispose lei, e fine delle domande. L’aveva educato bene il suo uomo!
In riva al lago, proprio davanti a Michela e al suo moroso, si erano accampati tre tipi mai visti prima. “Turisti.” Pensò Marta. Capitava spesso di vederli la domenica. Si fermavano perlopiù la mattina, poi se ne andavano in giro per i borghi costieri, a fare foto e comprare le prelibatezze locali da portare a casa.
– Devo andare Michela, scusami. Il Maresciallo è stato categorico. Qui si prospetta un’indagine mai vista prima. Hanno sfondato il portone di palazzo Vincisguerra, capisci? Ormai è certo, c’è di mezzo la mafia… Sssttt che mi fai dire… Comunque c’è pericolo, perché uno sfondamento simile può essere avvenuto solo con l’esplosivo. – Uno dei tre turisti si mise in ascolto. – Ehi, avete sentito? – Chiese ai suoi compagni di gita. – Qui sta accadendo qualcosa di grosso… Ve l’avevo detto che valeva la pena venire! – Tirò fuori il suo smartphone e digitò un messaggio a qualcuno.
– Ma di che parli?- Il tizio guardò l’amico e scosse il capo. – Voi restate qui a guardare le natiche della fauna femminile locale, io intanto mi assicuro uno scoop! – Si alzò, intenzionato a interpellare il giovane che prima aveva parlato, ma Salemi si era già allontanato correndo. Il tizio decise di seguirlo. Si rivestì in tutta fretta, prese le chiavi della moto, e si pose all’inseguimento.
Il Maresciallo Calì aveva appena chiuso alle sue spalle la porta dell’ufficio e si era accomodato alla scrivania quando il suo telefono emise un beep di avvertimento. – Non rispondi? – chiese Don Giulio che era entrato con lui.
– Non ora. Questi sono i soliti messaggi push delle agenzie di stampa. Devo smetterla di cliccare sempre su ogni cosa…- Tirò fuori dalla tasca il foglietto trovato a palazzo Vincisguerra e lo stirò per bene sul ripiano della scrivania. – Dunque, vediamo un po’ cosa abbiamo. – Sul foglio c’era solo un rigo vergato in tutta fretta. La grafia era a tratti incomprensibile, ma con un po’ di sforzo riuscirono a leggere.
Ore 6, avv, 753, sparita.
– Secondo te che vuol dire? Pare un appuntamento! – Il Maresciallo Calì prese a martoriarsi i ciuffi della barbetta tra le dita. – Alle 6 del mattino? Non ti pare uno strano orario per un incontro? E poi con chi?-
Il telefono di Carmelo prese a squillare insistentemente.
Il Maresciallo, sempre più sconcertato, lesse le notizie automatiche del suo cellulare e trovò l’agenzia che gli interessava. – Ma che cazzo…! Mi scusi ancora, ma qui sta scoppiando un bel casino…
(Continua…)