I libri nel web. Gruppi social e promozione per autori #Indie 2.0

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Cosa deve fare uno scrittore Indie per farsi conoscere?

Che non significa dire a tutti “Ehi, sono qui!”. Significa avere la sicurezza – o almeno l’opportunità –  di essere letto dal maggior numero di persone diverse dalla propria cerchia familiare e amicale (che poi su questa famigerata cerchia di parenti e amici dovremmo scrivere un intero romanzo… Avete notato come siano proprio loro i primi a defilarsi quando comunicate un evento o una pubblicazione?). Significa ricevere commenti e/o critiche sui propri testi, le tanto agognate “recensioni”. Significa alimentare il passaparola, che a tutt’oggi, nonostante i potenti mezzi virtuali, è lo strumento più straordinario che esista per acquisire visibilità. In ultimo, ma non per importanza, significa vendere libri, scalare le classifiche, – ci sarebbe da scrivere anche su queste “classifiche” – essere identificati come scrittori. Quando tutto questo si realizza, capita di essere intervistati, invitati come guest a eventi editoriali, richiesti nei talk in radio e in TV, chiamati da Fazio… Va bene, su quest’ultimo si può anche sorvolare (però giuro che se mi invita sarete i primi a saperlo!).

Lo spamming, questa pratica antisocial da non seguire.

Io però non ho ancora capito come funziona tutta la faccenda. Troppo spesso mi capita di vedere assurgere ai fasti della notorietà letteraria perfetti sconosciuti, che magari hanno scritto una valanga di corbellerie in un italiano strano, che sono stati pubblicati da EAP o autopubblicati con l’aiuto della cugina adolescente e nerd, che hanno copia/incollato frasi strappalacrime da altri bestseller di genere, le hanno shaekerate, ci hanno aggiunto qualche vampiro o qualche elfo o diavoletto bello e tosto, hanno spammato (voce del verbo to spam) brani del capolavoro nei gruppi Facebook, Goodreads, Wattpad. Hanno costretto, minacciato, supplicato le genti di leggere il suddetto capolavoro e… hanno venduto 10.000/20.000/50.000 copie su Amazon. Ma come si fa? Ma davvero? Io non voglio studiare il fenomeno. Magari sono io ad essere una lettrice difficile o ad avere gusti letterari snob, però è evidente che c’è un pubblico im- maturo per questo tipo di letture. E questo tipo di pseudo scrittori cavalcano l’onda anomala. Diciamo che io non ci tengo ad essere ricordata per strategie come queste e per aver regalato al mondo l’ennesima porcheria di carta o bit da dimenticare alla prima virgola del primo rigo dell’incipit. Che poi, per fortuna, ci sono le dovute eccezioni, bisogna dirlo. Ma sono rare, troppo per diventare un caso.

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Promuovere il libro nei gruppi social.

Si parlava di gruppi social. Pare siano molto importanti. Bisogna frequentarli, chiacchierare con i membri, commentare i post, insomma partecipare. Poi si può cominciare a promuovere il proprio libro, le recensioni che riceve, etc etc. Queste le regole di base. Capita però che si costituiscano gruppi autoreferenziali: di autori che si recensiscono e spammano tra di loro, di autori che creano gruppi per parlare solo del proprio libro, di autori che si acquistano i libri a vicenda. Mancano i lettori, ci avete fatto caso? “Ma gli scrittori sono prima di tutto lettori!”, direte voi. Dovrebbe essere così, e il condizionale è d’obbligo, ma mi è spesso capitato di vedere i miei “autoconsigli di lettura” essere cancellati dai gruppi di lettori. Questo mistero, per cui i lettori NON amano essere disturbati dagli scrittori, probabilmente dipende dal fatto che questi ultimi spesso si “azzeccano” (voce del verbo attaccarsi come una zecca) e non mollano finché non hanno succhiato ogni singolo neurone. Però la strategia dei gruppi in qualche modo funziona.

Ho tentato un esperimento. Ho suggerito ai colleghi scrittori della mia casa editrice di provare a recensire e divulgare i nostri rispettivi libri. Noi ci conosciamo, ci siamo letti, discutiamo in un gruppo chiuso dei nostri eventi e di ciò che ci capita, quindi doveva essere un compito facile. Entrare in Goodreads e Amazon, recensire, consigliare i libri nei gruppi diversi dal nostro. Diciamo che l’esperimento ha funzionato a metà, perché nel momento in cui si doveva divulgare, il momento più importante direi, molti hanno avuto timore (di cosa?), sono diventati timidi. Insomma, un esperimento zoppo non dimostra un bel niente, però, nonostante questo, qualche vendita in più c’è stata, specie nel digitale, e anche qualche interesse da parte di lettori sconosciuti. Noi (il gruppo di scrittori colleghi, intendo), abbiamo imparato qualcosa in più su noi stessi, abbiamo letto cose belle e abbiamo condiviso un mondo social che per molti era oscuro. I grandi numeri sono lontani da venire, però c’è speranza.

Questo significa che promuoversi nei gruppi non funziona? No. Questo significa che anche in questo ambito bisogna agire con sagacia e consapevolezza. Essere uno scrittore Indie dovrebbe significare conoscere gli strumenti e utilizzarli nel modo migliore, perché noi siamo i primi a volere che i lettori siano trattati con riguardo, che possano spendere il loro denaro in prodotti di qualità. Noi siamo i primi a non voler essere meteore… Allora ben vengano iniziative più strutturate, come il progetto SadDog, per esempio, o come Extraverginedautore. O, per voler essere ambiziosi, come Satellite Libri, che riunisce librerie, editori, blog e autori, tutti indipendenti. Si tratta di iniziative Indie di eccellenza, che hanno un obbiettivo grande: selezionare e divulgare tutto ciò che l’editoria indipendente produce purché sia di qualità e rispetti determinati canoni. Anche il selfpublishing. Ma di questo parlerò più approfonditamente nel prossimo post. Nel frattempo, se ne avete, raccontatemi le vostre esperienze nei gruppi social. Ho voglia di divertirmi!

#Amazon sì o Amazon no?

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Ci ho pensato a lungo, più di un anno. Alla fine ho deciso: Quella volta che sono morta deve spiccare il volo. DuDag lo ha pubblicato per prima, e io ringrazio Lorenzo Baravalle per aver creduto in questo romanzo breve, concepito e scritto in treno, nato per esistere solo in digitale (no, non ci sarà mai la versione cartacea, fatevene una ragione).

copertina_41Questa la prima cover, minimal, pulita, che lascia ampio spazio all’immaginazione del lettore (il titolo, quello è importante…). Il prezzo nazional-popolare a prova di crisi: 1 euro.

 

 

Adesso è possibile acquistare l’eBook anche su Amazon. Stesso prezzo, cover diversa. Perché Amazon, si sa, ha bisogno di immagini francobollo che catturino l’attenzione. E questa (su, in cima al post) mi sembra abbastanza inquietante, adatta al tema del racconto. Quindi lunga vita a “Quella volta che sono morta”, e che l’ossimoro sia con voi.

A che servono i libri? (scusate, ma ultimamente sono folgorata da queste domande esistenziali…)

I libri devono essere utili, altrimenti sono carta stampata buona per fare le barchette (senza considerare il disboscamento). I libri devono essere letti, è questa la loro utilità (altrimenti alleniamoci alla telepatia e restiamo ignoranti). I libri devono essere belli, così all’utile si unisce il dilettevole e abbiamo finito i luoghi comuni.

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In ogni caso voglio informarvi che, in occasione dell’uscita in versione digitale di Anna (vi ho già detto in un post precedente dove trovarlo su Amazon e Ultimabooks. Qui vi dico che su LaFeltrinelli e su IBS trovate l’ebook e la brossura), i suoi fratelli maggiori (rispettiamo le gerarchie) sono in offerta gratuita su Amazon. Sì, mi dispiace, solo per lettura su kindle. Ma non disperate! Amazon è così lungimirante che dà l’opportunità di leggere un libro in formato “mobi” a chiunque, basta scaricare gratuitamente il software di lettura.

Vi metto qui il link a una sorta di Vetrina di Cetta (per praticità, non per megalomania), dove potete trovare Colui che ritorna, Nata in una casa di donne, El camino de regreso (e imparatelo ‘sto spagnolo, dai!) e, da domani, anche Cetteide GRATIS. Solo fino al 20 marzo però, che con l’eclissi di sole anche le promozioni si oscurano.

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