Se non ricordo male è il titolo di un film con Aldo, Giovanni e Giacomo, una commedia sull’insoddisfazione e sui sogni da realizzare. Molto attuale oggi. Se facessimo questa domanda agli Italiani, in questo momento 3 su 4 risponderebbero: “No, non sono felice.” Ma questa è anche una domanda trabocchetto. Spesso confondiamo la felicità con la serenità, con la soddisfazione, col raggiungere quell’equilibrio emozionale che ci fa andare avanti. Non è vero che la felicità non esiste, solo che non è uno stato d’animo costante, statico. Non ci sarebbe felicità senza il suo contrario, non saremmo in grado di distinguerla diversamente.
Mia madre mi ha detto: “Non ti ho vista entusiasta della tua partenza. Come mai?” Ecco, io sono entusiasta di andarmene, perché significa che, nonostante tutto, ho un’altra opportunità: di rifarmi una vita, di realizzare qualcosa, di essere serena. Non arriva a tutti i cinquantenni un’occasione come questa, e non tutti i cinquantenni si trovano nella condizione ideale per poterlo fare. Condizione ideale… senza un lavoro soddisfacente, senza una prospettiva di crescita reale, senza un legame affettivo, senza la responsabilità dei figli ormai grandi e fuggiti dall’Italia (o in fuga). Di ideale questa condizione ha ben poco, se non di essere il carburante giusto, la spinta necessaria a sradicarsi da ciò che si conosce per affrontare l’ignoto.
Ma sono tristissima, mamma, sono delusa, sono arrabbiata. Perché non ho paura di rinascere, di ricominciare. Avrei solo voluto farlo qui, in questo luogo che, nonostante tutto, amo, che mi è caro, che è il vestito che indosso da sempre, che è il mio stile e la mia natura, che è lo specchio nel quale mi rifletto. Chiedimi se sono felice, mamma, e l’unica risposta che potrò darti è “mi impegnerò ad esserlo”.