La vita ha bisogno di liste felici

Ci sono questi momenti la sera tardi, che mi fermo e ascolto. Il frinire dei grilli fuori dalla finestra, il respiro dell’aria che passa leggera fra le tende, il battito del mio cuore, il silenzio. Il silenzio è la porta spalancata sui miei pensieri e spesso, quasi sempre ormai, faccio un particolare esercizio quando li sento arrivare: conto.

A volte conto semplicemente i numeri, così, in sequenza, prima nella mente e poi, quando cominciano ad essere tanti, li pronuncio ad alta voce e rido, perché il suono della mia voce mentre scandisco i numeri non lo riconosco, neppure il senso di ciò che dico mi è familiare. Non so se vi è mai capitato…

Altre volte mi metto a contare i giorni belli, una sorta di lista felice, e per farla sembrare più lunga la suddivido in sottogruppi formati da ore, minuti, momenti. Capita che si confonda tutto, e allora ricomincio ad alta voce e rido, perché il suono della mia voce mentre elenco gruppi e sottogruppi di felicità non lo riconosco. Il senso di ciò che dico però mi è familiare, sono parole che hanno casa nel cuore.

Tutto questo contare roba astratta e roba bella serve a distrarmi, perché quando sono sola, nel silenzio, i pensieri più bui sono lì in agguato e davvero non ho voglia di averci a che fare. C’è stato, sì c’è stato il momento in cui ho parlato con la morte, il momento in cui il pensiero è arrivato e l’ho affrontato: inutile eluderlo, fare finta di niente, tanto mi avrebbe colpita a tradimento. Allora mi sono preparata e l’ho preso di petto, ci ho ragionato un po’ e abbiamo deciso insieme che si sarebbe fatto a modo mio. Mancavano pochi giorni al mio intervento, nel dicembre scorso, e quel confronto ha lasciato un segno profondo. Nessuno mai dovrebbe, in vita, affrontare la morte, il pensiero di questo evento drammatico, ma se accade… beh, nessuno mai può avere il diritto di scegliere al nostro posto, è una decisione troppo intima perché si possa demandare ad altri.

Mi rendo conto, ora che sto scrivendo, di aver lasciato la porta un po’ troppo spalancata ai pensieri bui, e non è certo questo il momento più adatto. Questo mese di settembre, che fra poco finisce, ha portato tante emozioni, alcune ancora da svelare – manca pochissimo però – altre vissute e godute come un banchetto nuziale ben preparato, dall’antipasto al dolce. La lista felice si allunga.

C’è poi questa mia mezza anima napoletana con la quale fare i conti, quella scaramantica che mi impone di tacere che le cose belle sennò cambiano strada. E io allora sto zitta, ma quanto mi prudono in bocca certe notizie! E lo so bene che la vita è una giostra e bisogna trovare l’equilibrio per non cadere e la felicità serve a questo. A volte ne basta poca, pochissima.

Tutto questo discorso apparentemente privo di senso – abbiate pazienza, comincio ad avere sonno – serve per annunciare che a breve farò un annuncio: non è meraviglioso?

Chiedimi se sono felice

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Se non ricordo male è il titolo di un film con Aldo, Giovanni e Giacomo, una commedia sull’insoddisfazione e sui sogni da realizzare. Molto attuale oggi. Se facessimo questa domanda agli Italiani, in questo momento 3 su 4 risponderebbero: “No, non sono felice.” Ma questa è anche una domanda trabocchetto. Spesso confondiamo la felicità con la serenità, con la soddisfazione, col raggiungere quell’equilibrio emozionale che ci fa andare avanti. Non è vero che la felicità non esiste, solo che non è uno stato d’animo costante, statico. Non ci sarebbe felicità senza il suo contrario, non saremmo in grado di distinguerla diversamente.

Mia madre mi ha detto: “Non ti ho vista entusiasta della tua partenza. Come mai?” Ecco, io sono entusiasta di andarmene, perché significa che, nonostante tutto, ho un’altra opportunità: di rifarmi una vita, di realizzare qualcosa, di essere serena. Non arriva a tutti i cinquantenni un’occasione come questa, e non tutti i cinquantenni si trovano nella condizione ideale per poterlo fare. Condizione ideale… senza un lavoro soddisfacente, senza una prospettiva di crescita reale, senza un legame affettivo, senza la responsabilità dei figli ormai grandi e fuggiti dall’Italia (o in fuga). Di ideale questa condizione ha ben poco, se non di essere il carburante giusto, la spinta necessaria a sradicarsi da ciò che si conosce per affrontare l’ignoto.

Ma sono tristissima, mamma, sono delusa, sono arrabbiata. Perché non ho paura di rinascere, di ricominciare. Avrei solo voluto farlo qui, in questo luogo che, nonostante tutto, amo, che mi è caro, che è il vestito che indosso da sempre, che è il mio stile e la mia natura, che è lo specchio nel quale mi rifletto. Chiedimi se sono felice, mamma, e l’unica risposta che potrò darti è “mi impegnerò ad esserlo”.

Discorsi nella notte

Immagine presa da qui

I discorsi tra madre e figlia a volte si discostano di molto dalla mera quotidianità, dai cantucci affettivi, dai supporti al consueto vivere. Sono i discorsi incantati di quando ci si prende il tempo, magari a notte fonda, nel silenzio che invita a sussurrarle le parole. E ogni sussurro è mattone, con cui il rapporto si solidifica e si costruisce una nuova consapevolezza.
Abbiamo parlato della felicità e dell’entusiasmo. E della forza centrifuga dell’Universo, che non è fuori di noi, ma che E’ noi. La felicità arriva quando è attratta dall’energia più potente che si possa immaginare: la nostra volontà. E allora accade che, come in un vortice, del quale siamo il centro attrattivo, tutto ciò che è intorno ne venga risucchiato, alimentandolo, amplificandolo. Non è l’energia dell’Universo che a un certo punto, per ragioni inspiegabili, si concentra in un unico punto di congiunzione. Sei tu, con la tua volontà, che l’attiri, perché tu sei l’Universo, tu sei il motore di te stesso e quando ti attivi le risposte all’appello arrivano, potenti.

E questa è la felicità. Tutto quello che un attimo prima ti costava sforzo, ti pareva irrealizzabile, disgiunto da te, d’improvviso scivola via come acqua tra le dita, ogni tassello del puzzle si incastra al posto giusto, al momento giusto, e tutto appare facile perché e’ facile.
E in questo stato di profonda beatitudine te ne freghi di tutto, ciò che conta è solo ciò che senti, che provi, e l’entusiasmo è contagioso.
Mia figlia mi ha detto che per alcuni può essere fastidioso. Con tutto il rispetto, non m’importa.