Non domandarci la formula che mondi possa aprirti. #Libriamoci potrebbe esserlo.

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“Non domandarci la formula che mondi possa aprirti.” Cito Montale perché ieri mi è venuto in mente, a Rieti, durante l’incontro coi ragazzi dell’Istituto Superiore Rosatelli per #Libriamoci a scuola. Non esiste questa formula, e non si conoscono segrete alchimie, ma un libro, una storia, possono essere qualcosa di più di una “storta sillaba e secca come un ramo”. Accade. Ieri ho incontrato questi straordinari ragazzi e ho ricevuto in dono una ricchezza enorme: l’entusiasmo. Eppure abbiamo solo parlato di Anna.

Si sono dati da fare, si sono ingegnati, sono stati creativi e mi hanno stupita. Per una volta io non ho dovuto fare nulla, solo esserci e godere dello spettacolo della loro esistenza. Loro hanno fame e io ho servito a quel banchetto solo un piccolo antipasto. Ma gli incontri, si sa, possono essere anche degli assaggi di sé, l’importante è che siano gustosi.

Erano 120, o giù di lì, nell’aula magna della scuola, e devo ammettere che un po’ di soggezione l’ho provata. Per poco. Perché i giovani, quando non frapponi filtri tra te e loro, sono accoglienti. E i professori gli somigliano, sì, non ho sbagliato. I professori li guardano come guarderebbero il futuro, con la speranza negli occhi. Come solo i giovani sanno fare.

Essere giovani vuol dire
tenere aperto l’oblò della
speranza, anche quando il
mare è cattivo e il cielo si è
stancato di essere azzurro.
(Bob Dylan)

Ho visto laboratori di chimica da far invidia alle migliori Università, aule di fisica che somigliavano a quelle di Harry Potter, un hangar nel quale i ragazzi stanno riproducendo un C.R.1 col progetto originale FIAT di Rosatelli e con le ali originali e hanno intenzione di farlo volare, il laboratorio di meccanica dove i professori smontano cose e gli brillano gli occhi. Ho visto una scuola di eccellenza, e questo mi ha resa felice.

Tra i 120 ragazzi ce ne sono una ventina o poco più che, anche se un giorno saranno ingegneri o medici o chimici, hanno una passione smodata per la letteratura, e hanno creato già da qualche anno un Circolo dei Lettori (coadiuvati e guidati dalla Prof.ssa Loredana Patacchiola)che si dà un gran da fare: giurati per lo Strega giovani, ideatori di un premio letterario, organizzatori di eventi letterari e incontri con gli autori. Come in questo caso per #Libriamoci.
Non c’è una cronaca da fare, solo emozioni da condividere. Ho proposto loro la lettura di due brani tratti da Anna: un dialogo tra Don Gerardo e Angelico, per sottolineare il “linguaggio narrativo” e parlarne insieme, e un racconto di Angelico dall’Africa con una sua riflessione sulla guerra. Voglio riportare qui una piccola parte del primo brano letto:

«A partire da subito tu le farai pervenire ogni giorno un mazzo di fiori a casa.»
«Che fiori?»
«E cosa ne so io? Fiori, quelli che piacciono alle ragazze!»
«Sì, ma i fiori sono importanti, non bisogna sbagliare. Quali sono quelli che Annina preferisce?»
Don Gerardo non ne aveva la più pallida idea. Si ricordò dei ricami che la ragazza faceva, quei tralci sempre uguali, infiniti.
«Azzurri, devono essere azzurri. Le manderai un mazzo di fiori azzurri tutti i giorni per una settimana, senza bigliettino. Anonimi.»
Azzurri. Come se fosse facile trovarne. Mi devo documentare. Ma dove, come?
Intanto Don Gerardo continuava a dare istruzioni.
«Dopo sette giorni comincerai a inviarle un solo fiore azzurro accompagnato da un bigliettino.»
«E cosa devo scrivere?»
«Ma devo dirti proprio tutto io? Scrivile delle cose romantiche no? Che so, per esempio “Siete leggiadra come una cavalla al galoppo” oppure “Sentirvi cantare fa vibrare il mio cuore”, cose così insomma.» [cit. da Anna]

Dopo la lettura c’è stato il momento fatidico delle domande. Il microfono è arrivato in platea ed è stato passato ai ragazzi in prima fila. Sette si sono alzati, uno alla volta, e come nel racconto hanno letto brani scelti da loro, tratti da Anna. Poi si sono avvicinati a me e mi hanno donato un fiore ciascuno, azzurro. Legato a ogni fiore un biglietto col brano che avevano letto. Sette fiori azzurri.

La vita sarebbe infinitamente
più felice se nascessimo a
ottanta anni e ci
avvicinassimo gradualmente
ai diciotto.
(Mark Twain)

Dopo aver tanto parlato del romanzo ho voluto giocare con loro a TwLetteratura. Chissà, forse li ho convinti che twitter non è una cosa così astrusa e che la sintesi può essere esercitata in modi diversi. Quando ho detto loro di non usare, per favore, quelle abbreviazioni orribili (xché, tt, anke, giusto per citarne alcune), si sono alzati in piedi e hanno applaudito. C’è speranza allora! Comunità di Twitteratura, avremo presto un’altra scuola che parteciperà ai nostri progetti.

Io voglio solo dire grazie. Grazie al mio editore Watson che mi ha coinvolta in questa iniziativa straordinaria che è #Libriamoci a scuola, grazie a Loredana Patacchiola che mi ha invitata a Rieti, grazie alla Preside e agli insegnanti che hanno partecipato all’iniziativa, ma soprattutto grazie a ognuno dei 120 ragazzi presenti, senza di loro la mia presenza non avrebbe avuto alcun senso. Una menzione speciale va ai magnifici venticinque del Circolo dei Lettori, diretti magistralmente da Ludovica Aleandri (16 anni…) che hanno organizzato e pensato tutto. E che hanno letto e amato Anna.

Ecco solo alcuni nomi di chi c’era:

IL CIRCOLO DEI LETTORI
Ludovica Aleandri; Andrea Bianchi; Anna Maria Braconi; Beatrice Pariboni; Simone Capalbo; Carlo Fiorillo; Andrea Catia Mattozza; Chiara Cicolani; Clarissa Tavani; Federica Conenna; Giada Bei; Mara Verzilli; Giordana Zamurri; Giuseppe Poscente; Lodovico Caruso; Lorenzo Hofmann; Luca Bresciani; Martina di Rienzo; Martina Nucci; Preet Singh Kailay; Valerio Arabi; Victoria Garziano; Serena Ratini; Tiziano Mattei; Aurora Linguari

I DOCENTI
Dirigente Scolastico:Prof.ssa Mariantoni Daniela; Loredana Patacchiola; Claudia Moscatelli; Daniela Benedetti; Sandro Anselmicchio; Rosaria Spagnoli; Franca Lelli; Rosella Pasquali; Fausto Poles

E qui c’è la fotogallery e il tweetbook che ho voluto creare per loro.

SONO UNA NARRATRICE COMPULSIVA

Sono una narratrice compulsiva. Nel senso che devo scrivere ogni qualvolta ne sento la necessità, e questa necessita’ e’ ormai diventato un bisogno impellente. Ma ho detto narratrice, il che vuol dire che racconto storie. Mi sono chiesta se il mio scopo fosse solo quello di raccontarle oppure anche quello di dire qualcosa, lasciare un messaggio, tracciare un solco tematico di pensiero ripercorribile anche in senso inverso, magari in un futuro remoto. Eh, che cosa complicata ho scritto. In pratica e’ ciò che hanno fatto i letterati che abbiamo studiato più o meno tutti sui banchi di scuola. Leopardi, Verga, Montale, per citarne alcuni, hanno seguito il loro pensiero, hanno espresso la loro personalissima visione del mondo, della vita, della storia, e per questo noi li ricordiamo, li studiamo. Loro hanno lasciato una traccia perenne di se, e per questo sono stati definiti letterati. O forse all’inizio erano anch’essi narratori? Cosa o chi definisce la differenza? Forse i lettori.
Io, quando mi trovo davanti un foglio bianco, comincio a raccontare. Non so dove mi porterà la storia, ne se ci sara’ una morale, un significato più o meno recondito, un pensiero illuminante. Ascolto i personaggi e li faccio parlare, la trama me la dettano loro, io scelgo il linguaggio. Alla fine, solo alla fine riesco a capire “dove” la storia voleva andare a parare. Finche’ la narro mi lascio solo trasportare. E poiché non e’ come a scuola, quando ti davano un tema e tu lo svolgevi con un inizio, un corpo e un finale, ma il titolo te lo dava qualcuno lì pronto a giudicare, poiché non e’ un articolo di cronaca dove si pesca dalla realtà cercando di darle un senso accettabile per tutti, ma qui si tratta del lavoro di mente e cuore nell’attimo sublime in cui si esprimono all’unisono, liberi da vincoli di sorta, allora la storia che si narra un senso ce l’ha, ed e’ quello personalissimo di chi la scrive. Forse allora anche i narratori fanno letteratura, se a guidare la loro mano e’ un profondo sentire e il linguaggio che si utilizza non e’ altro che lo strumento che li fa individuare, che li rende riconoscibili. Eccola un’altra differenza, quella che il lettore coglie. Lo stile e’ come la “classe”, o ce l’hai o non ce l’hai. Si riconoscono subito i mesterianti. Lo stile e’ unico e prezioso, e’ il biglietto da visita del talento, e non s’impara. E allora saranno i posteri a stabilire quando un narratore diventa un letterato ma, se manca il talento, lo scrittore non esiste. Io, che sono una narratrice compulsiva, continuo a scrivere storie, le affido al vostro giudizio di lettori e umilmente ringrazio e attendo.
Sed