Viaggiare ti allunga la vita, e se lo dice Javier Reverte…

palazzo torlonia

Il 19 giugno sono andata a Palazzo Torlonia, a Roma. Per chi conosce il centro della capitale e almeno una volta ha bighellonato per le vie storiche e celebri che da Piazza di Spagna portano a via del Corso, per chi si è fermato a guardare le vetrine di via Condotti e, magari, si è fermato a sbirciare dentro al Caffè Greco, beh costoro sapranno che Palazzo Torlonia si trova in quei pressi e che è possibile visitarlo solo su invito.

Ho dunque accolto subito l’invito di partecipare alla fase finale della II edizione del Premio Letterario Quaderni Ibero Americani, che ha visto protagonista lo scrittore spagnolo Javier Reverte e la scrittrice italiana Candida Morvillo. Ho raccontato le mie impressioni da “cronista per caso” in questo articolo, pubblicato oggi da Art a part of Cult(ure).

Viaggiare ti allunga la vita e scriverne lo testimonia. La seconda edizione del Premio Letterario Quaderni Ibero Americani

“Viaggiare ti allunga la vita, la riempie di volti e di paesaggi, di canti e di suoni e di orizzonti che ignoravi. Conosci dei vigliacchi che devono vivere da coraggiosi, e uomini coraggiosi costretti a vivere da vigliacchi. Le tue vecchie
idee crollano e ne nascono di nuove. […] E viaggiare è ballare,come giustamente dicono i Chichewa, adattare il tuo passo a quello degli altri, girando nel vuoto seguendo suoni e ritmi che non conoscevi, sordo a tutto quanto non sia la melodia di una canzone fino ad allora sconosciuta”

 [Javier Reverte – Vagabondo in Africa]

Palazzo Torlonia una sera di giugno, la stessa che vede per la prima volta salire al trono di Spagna Felipe VI, ospita la seconda edizione del premio letterario Quaderni Ibero Americani. Penso a quanti nomi illustri hanno collaborato con questa rivista dal 1946 in poi. Premi Nobel come Juan Ramón Jimenéz, Pablo Neruda, Camilo José Cela o dall’Italia Benedetto Croce, Cesare Segre, Carmelo Samonà. Si resta in silenzio davanti a personaggi come questi, anche se non sono qui,  perché la loro storia invece è presente. (continua a leggere…)

Quando un romanzo va ai Camuni…

premiazioneQuando un romanzo va ai Camuni succede anche che venga premiato. Questo è accaduto il 23 novembre 2013 a Nata in una casa di donne, il mio secondo lavoro pubblicato da L’Erudita per Giulio Perrone Editore nel febbraio di questo stesso anno. Un bel secondo posto al Concorso Letterario Nazionale Sirmione Lugana con il Premio Camuni Narrativa. E per chi non sa chi sono i Camuni suggerisco di leggere qualcosa qui, nel bell’articolo di Iuri Moscardi su #Twitteratura.

A Desenzano, località Rivoltella, pioveva molto sabato pomeriggio, e faceva anche freddo. Ma il Lago di Garda ha un fascino davvero speciale e il Teatro che ci ha accolti (tanti, davvero) ci ha regalato un calore speciale: quello della festa e della cultura.

Voglio ringraziare le giurie, popolare e di qualità, che hanno permesso a questo mio libro di arrivare così lontano e di essere letto da così tante persone. Ringrazio il Presidente di Circumnavigarte, Aurelio Armio, per il lavoro che fa per diffondere e difendere la cultura nell’ambito del territorio dei Camuni e a livello nazionale. E voglio abbracciare virtualmente gli amici che hanno condiviso con me questa emozione.

Qui il video.

VINCERE UN PREMIO LETTERARIO

Vincere un premio letterario è un’esperienza particolare. Non si tratta certo del premio in sé, non ha un valore intrinseco che cambia la vita ne si può circolare per giorni o mesi con una targa appuntata sul petto a mo’ di gualdrappa. E’ il valore morale che il premio ha che è importante. Significa: “qualcuno che non conosci ha letto il tuo libro e lo ha trovato meritevole”. Quando si scrive si è soli davanti alle pagine bianche, con le emozioni e lo scoramento provocati dall’attività di riportare in prosa fluida ciò che il cuore in subbuglio detta. Poi timidamente si sottopone lo scritto al giudizio degli amici cari, dei parenti i quali, nella migliore delle ipotesi, si azzarderanno a dare qualche consiglio, qualche annotazione, ma non proveranno mai a fare critiche , seppur velate. Poi per uno strano gioco del destino il libro viene pubblicato e letto da lettori veri (non che gli amici e i parenti di cui sopra non lo siano, ma loro sono praticamente obbligati a sottoporsi a questo esercizio…) e spontanei, e arrivano i primi commenti positivi e le prime critiche. Ogni email è aperta con trepidazione, ogni recensione è sottoposta all’analisi dettagliata delle singole parole e capoversi, ogni commento può dar adito alle più ardite supposizioni. Ma è così, il libro non appartiene più all’autore ormai. Il pubblico se n’è appropriato e lo indossa come crede. Poi capita che un gruppo di perfetti sconosciuti, esperti, appassionati di libri decidano che quel libro meriti un premio, perché è bello, perché ne vale la pena, perché è giusto così. E allora tremante e emozionata ti alzi, ti avvicini al podio e ricevi tra le mani il riconoscimento ufficiale che il tuo lavoro ha un valore oltre il tuo cuore. Grazie per aver deciso che, in fondo, posso chiamarmi scrittrice… Sed