
Parlare di premi letterari non è semplice. Ogni anno, più o meno di questi tempi, si innesca la polemica tra i sostenitori e gli oppositori dello Strega, ambito e prestigioso premio letterario italiano che, se un tempo era sinonimo di successo personale e di vendite, oggi è sinonimo di successo personale e di vendite. Dai, non è una svista, è la realtà. Nonostante tutte le magagne che ci sono dietro, nonostante la smorfia schifata dei puristi al solo pensiero di far parte di quel circo della parola scritta, nonostante gli scandali che poi scandali non sono, il Premio Strega è come Sanremo: noi Italiani non sappiamo farne a meno. Stiamo lì a criticare, giudicare, fischiare con il desiderio segreto di essere lì un giorno, tra i candidati e, magari, facendo un volo pindarico, nella famosa cinquina finale.
Ma veniamo al dunque. La scorsa settimana sono stati resi noti i nomi dei 27 candidati di quest’anno. Sapete come funziona la candidatura? Dovrebbe essere così: due “Amici della domenica” propongono un libro che ritengono meritevole, ne scrivono le motivazioni e, entro il 4 aprile (più o meno), si rendono noti i titoli che concorrono. Quindi due sponsor per ogni titolo. Poi mi piacerebbe sapere come fare a contattare per tempo questi giurati (che sono 400) e mi immagino gli editori che, ogni anno, subissano questi signori di testi e regalìe varie per “convincerli” della bontà di questo o quel libro. Ma qui siamo nell’ambito delle magagne, quindi tiriamo dritto che non è questa la sede. Diciamo che i nomi dei 400 amici della domenica di casa Bellonci sono noti e che, volendo, ci si può arrivare. Al resto bisognerà provvedere… Certo, fino all’edizione 2014 del premio le case editrici partecipanti erano sempre le solite note perché, diciamolo, il Premio Strega costa. La novità inserita nel 2015 non ha cambiato di molto la situazione. In virtù e in funzione della “bibliodiversità” (sembra uno spot per la salvaguardia di una specie in via d’estinzione), il Premio Strega ha deciso di garantire la presenza, anche nella cinquina finale, di almeno un titolo pubblicato da piccolo o medio editore. Solo che, anziché 300 copie del testo partecipante, dal 2015 bisognerà inviarne 500. Che per un piccolo editore sono già la massima aspirazione di tiratura e vendita… Però, però, però, se si crede nel testo, se si pensa di aver scovato il capolavoro, se si ha la borsa piena per qualche misterioso motivo, si potrebbe tentare, caro piccolo editore, o no? Non sta a me giudicare quanto valga la pena investire in 500 copie gratuite di un libro. Lo farò quando avrò scritto un libro da premio Strega.

La novità secondo me straordinaria di quest’anno sta nel fatto che uno dei 27 libri proposti sia stato pubblicato da Amazon Publishing. Riccardo Bruni è l’autore di “La notte delle falene”, è candidato allo Strega 2016, e proviene dal selfpublishing. Udite, udite! Mi direte che Amazon Publishing è un editore vero e proprio. Sì ma, avete provato a inviare un manoscritto in valutazione? Come si fa con gli altri editori, quella cosa normale in cui si scrive una bella lettera di presentazione, si allega la sinossi, magari un paio di capitoli, una biografia dell’autore e click! Si spedisce tutto e si incrociano le dita almeno per sei mesi. Ci avete provato? Ecco, con Amazon Publishing non funziona così. Loro “pescano” tra gli autori self che si trovano nel mare magnum di Kindle Direct Publishing (KDP per i senior), verificano le vendite (loro possono, hanno i dati reali), verificano il gradimento del pubblico vero (loro possono, per lo stesso motivo di prima), e, con questi dati che garantiscono un riscontro realisticamente positivo, si mettono in contatto con l’autore. Quest’ultimo passaggio è ancora da verificare ma, dalle interviste rilasciate da Riccardo Bruni, pare proprio sia così. Pensateci: se un selfpublisher bravo, che scrive bene e si promuove altrettanto, viene “premiato” da Amazon con visibilità maggiore, cosa mai potrà fare il mega colosso per gli autori che si è scelto da solo? Apprezzo Riccardo Bruni per la sua estrema coerenza da autore Indie. Dopo tanto tempo speso a imparare come promuoversi da self ha ceduto le redini a chi, in questo, può supportarlo come nessun altro può. Anche se c’è chi storce il naso davanti all’arrivo di Amazon come editore. Ma, perché? Chi meglio di loro può decidere, una buona volta, di far circolare ciò che realmente il pubblico lettore apprezza? Ma non siamo qui per parlare di questo. Siamo qui per capire se un premio letterario allunga la vita.
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Il Premio Strega sì, allunga la vita di un romanzo almeno di un anno, fino all’edizione successiva in pratica. Scherzo… secondo me anche di più, perché l’autore candidato o finalista o vincitore o, se è fortunatissimo, il secondo classificato (della sua sfiga si parlerà finché si avrà voce), porteranno per sempre il “marchio”, il bollino giallo del famoso (e, a mio avviso, orribile) liquore, un po’ come accade alla progenie delle celebrità. Riccardo Bruni è un caso nel caso, quindi di lui si parlerà probabilmente di più perché ci sono altri ambiti di interesse (editoria, selfpublishing, digitale, marketing, etc etc) e perché il suo libro è proprio bello. In ogni caso qui stiamo parlando di un premio per libri già pubblicati. Sembrerà strano ma, in Italia, non sono tantissimi. O meglio, i premi letterari per narrativa edita importanti sono pochi, difficili da approcciare e costosi (in termini di copie gratuite da elargire o di quota di partecipazione). Penso, ad esempio, al Campiello o al Bancarella. Avete mai letto il regolamento del Campiello? Preparate un antiacido. E quello del Bancarella, col suo misteriosissimo Comitato di librai?
Se i premi letterari per narrativa edita sono pochi (quelli per la poesia pochissimi), i premi per la narrativa inedita sono ancora meno. Allora, cerchiamo di capirci: io sto parlando di premi importanti a livello nazionale e internazionale, e lo faccio perché mi apre la strada al gran finale di questo articolo, che ora non vi svelo. Dicevo, i premi per la narrativa inedita sono pochissimi e, tra questi, vorrei citarne due: il Calvino e il Neri Pozza. Il primo, annuale, ha una quota di partecipazione non indifferente, ma offre opportunità di rilievo anche a chi non vince. Parlo di opportunità di pubblicazione con editori di peso, ovviamente. Ma anche la visibilità di ritorno non è male! Il secondo, biennale, ha qualcosa di particolare: è gratuito e offre, al vincitore, un premio di € 25.000 come anticipo diritti d’autore. Sì, perché Neri Pozza ti pubblica. Conoscendo l’editore posso affermare che la qualità dei testi è, di sicuro, notevole, quindi chi vince questo premio, probabilmente non avrà la pubblicità strombazzata degli slogan mainstream, ma il plauso costante e l’ammirazione di chi apprezza l’eleganza senza tempo.
Dunque la mia conclusione è questa: nel bene e nel male, partecipare a questi premi letterari serve. Poi sta all’autore gestire al meglio ciò che da essi gli arriva e, soprattutto, rispettare le aspettative del lettore. Per quanto riguarda gli editi, vorrei suggerire agli editori piccoli e medi, quelli che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese ma che meriterebbero di più, di seguire alcune strategie Indie:
- Stampare meno carta. Non dico di non farlo, ma di stampare solo quella necessaria e richiesta (per alcune librerie indipendenti, per le presentazioni, per le fiere). Gli eBook costano molto meno, circolano meglio, di più e per più tempo, si promuovono più facilmente.
- Utilizzare il denaro risparmiato per investirlo in servizi editoriali. Assumere (e pagare) buoni editor aiuterebbe a pubblicare libri migliori.
- Utilizzare il denaro risparmiato (sì, tutto si riduce a spendere meglio) per investirlo in promozione. E in questa rientra anche la stampa di 100 o 500 copie del libro in cui si crede da distribuire gratis ai giurati di un premio letterario importante. Soldi buttati? Avrete almeno 100 o 500 lettori certi, e nessun reso.
- Utilizzare il denaro risparmiato per avere un buon ufficio stampa.
Poi ci sarebbero ancora tanti altri suggerimenti, ma questi per ora bastano. Immagino già la levata di scudi degli editori piccoli e medi che fanno già tutte le cose che suggerisco ma, se non siete in quella categoria, che li levate a fare ‘sti scudi? Voi siete da esempio, giusto?
Tutti gli altri Concorsi Letterari (vedete che qualcosa è cambiato? Non più Premi, ma Concorsi) sono per il vanity press e dintorni. Va bene, dai, non proprio tutti. Ci sono alcune eccezioni. Ci sono dei premi minori, ad esempio, o selettivi per il genere letterario di riferimento, o legati al territorio, che hanno una loro dignità ma che, siamo sinceri, non rispettano quell’equivalenza iniziale: premio letterario = successo personale e di vendite. Però sono gratificanti e fanno il loro mestiere di regalare un po’ di notorietà in più che non guasta mai e fa curriculum. Io, in fondo, ho partecipato a due premi come questi, e la cosa mi ha fatto oltremodo piacere. Tolte queste poche mosche bianche, il resto, cari miei, non serve a nulla. Addirittura potrebbe essere controproducente partecipare ad alcuni di questi contesti che, notoriamente, propongono a vincitori, finalisti, praticamente a tutti, pubblicazioni con EAP, targhe inutili, diplomi ancora più inutili, frutta, verdura e prodotti tipici (questi magari inutili non sono…). Dico controproducente perché IL PUBBLICO LETTORE LO SA, e i giornalisti lo sanno, e i blogger lo sanno e, insomma, tutti lo sanno cosa c’è dietro questi pseudo concorsi, spesso organizzati dalle stesse EAP (case editrici a pagamento) che poi propongono, in premio, la pubblicazione. Un bel nulla. Né un’intervista, né una recensione vera o farlocca, né un invito a partecipare a qualche evento importante, né un aumento di vendite o, soprattutto, di lettori. Alla fine l’autore Indie che avrà avuto l’infelice idea di partecipare a uno di questi concorsi, si ritroverà a dover giustificare il fatto di essere un self e di aver anche partecipato a un concorso vanity press. Quale onta! E quando la laviamo?
In conclusione, cari scrittori Indie, diffidate dalle imitazioni. Sono costose e lasciano in bocca il sapore amaro di un caffè scadente. Da discount.
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