
Il Salone del libro di Torino dicono vada commentato a mente fredda. Io preferisco farlo a caldo, finché le impressioni sono ancora vive nella mente, tanto certamente dimenticherò qualcosa. Mi perdonerete per questo… Voglio parlarvi di statistiche. Ma no, lo fanno già in tanti, non posso tediarvi con aridi numeri. La sensazione però è stata di meno affollamento (e io sono andata di sabato e domenica). Che la gente sia satura di fiere dell’editoria in cui accadono sempre le stesse cose? O forse l’idea che tutti quei libri li si possano trovare anche nella libreria sotto casa, la crisi galoppante che non invita a spendere per spostarsi, le belle giornate di sole fatte per stare all’aria aperta sono state un deterrente alla partecipazione in massa al Salone?
Io ci sono andata per incontrare degli amici. Alcuni virtuali che, in pochi minuti, sono diventati reali e corposi, altri che non incontravo da un po’ e coi quali avevo voglia di far festa. E quale migliore occasione? Non avevo libri miei da presentare, ma avevo un editore da incontrare, uno giovane e bello che con DuDag sta facendo faville. Lui ha pubblicato il mio ultimo romanzo (Quella volta che sono morta) e, come minimo, gli dovevo un abbraccio. Quindi vi presento lui, Lorenzo Baravalle in persona, il signor DuDag.

Poi volevo incontrare le amiche e gli amici di Svolgimento, che spesso ospitano i miei scritti deliranti sul loro blog. Anna Wood, Roberta Lepri, Gianluca Meis non hanno disatteso le mie aspettative: sono proprio come li immaginavo, luminosi.
L’incontro col nutritissimo gruppo di Twitteratura (ora TwLetteratura) è stato un felice ritorno. Ci ho scritto un articolo intero che potrete leggere su Art a part of cult(ure) molto presto. Sapete cosa penso del fatto che in Italia si legge poco e si scrive troppo. Ecco, con TwLetteratura si stimola la lettura in modo social, divertente ma non dissacrante, e i progetti passati, in corso e futuri ne sono la dimostrazione.

Ho incontrato amici scrittori che desideravo conoscere di persona (Piersandro Pallavicini e Loredana Lipperini) e che conoscevo già (Stefano Sgambati) e ci siamo selfiezzati alla grande. Ecco, credo che questo sia stato il Salone dei selfie, per quanto questa pratica sia osteggiata e criticata dai più. Gli autoscatti hanno vinto su tutto.



Ma è stato anche il Salone della cucina, dei cuochi, dei libri dei cuochi, dei prodotti per i cuochi che cucinano, insomma, un tripudio di cose mangerecce. La cucina italiana si sa, è cultura, ma suvvia… non stiamo esagerando un pochino? E detto da me, che pastrocchio tra i fornelli dalla mattina alla sera, significa che ce n’era davvero troppa di cultura culinaria. Credo che quasi ogni editore presente avesse almeno un libro di ricette in catalogo. Evidentemente il concetto di “essere divoratori di libri” passa prima dallo stomaco.

C’era anche “er cuppolone”, un grande monolite di libri, che troneggiava nel bel mezzo del Salone a ricordarci che il tema di quest’anno era il BENE. E quindi era un bene esporre millemila titoli di libri scritti da Papa Francesco, su Papa Francesco, con Papa Francesco, per Papa Francesco. Un trend fortissimo che avrà sicuramente portato BENE alle casse degli editori che esponevano. Ma forse non era quello il concetto di bene che doveva passare. Bene sarebbe se la cultura tornasse davvero a farla da padrona tra le parole scritte e quelle dette, se le scelte editoriali fossero davvero tutte votate alla qualità e non solo al portafogli (che poi non è detto, alla lunga la qualità paga sempre…), se si desse più fiducia ai lettori (quei pochi che restano) e non si cercasse sempre di attirarli con “fascette” roboanti che inneggiano al nulla o con offerte che trasformano il libro in un gadget d’autore. Gli autori. Non erano tanti, o meglio, a parte i soliti noti celebrati da file inimmaginabili fuori dagli auditorium, gli autori veri, quelli che vorremmo leggere più spesso perché meritano, erano un po’ defilati. Alcuni erano quelli incontrati da me, altri…

In ogni caso sono stati due giorni fantastici per me. Ho incontrato di nuovo Gaia Conventi (Giramenti) e Mario Borghi (Stranoforte) che racconteranno la loro a modo loro, specie sulle EAP presenti, ne sono certa. Ecco, questa è stata l’ennesima delusione: ancora troppe EAP a una fiera del libro. Mi direte che anche loro vendono libri. Certo, li vendono ai loro incauti autori e agli incauti lettori che alimentano le false speranze dei suddetti autori, e basta. Perché non si aprono un chiosco a Fregene?
Ho incontrato di nuovo Giovanni Dalla Bona (Imparafacile/LibriamoTutti) e gli amici di Miraggi Edizioni (a proposito, loro un chiosco lo aprono davvero, ma non sono EAP, solo pastrocchiano in cucina, come me). Ho vissuto per una notte la Torino da bere (mica c’è solo Milano…) e ho fatto il pieno di emozioni. Tante per contenerle tutte. Forse ci scriverò un libro.

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