I libri nel web. Gruppi o comunità social? La promozione degli autori Indie.

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Dove eravamo rimasti? Ah! Sì, la promozione nei gruppi social. Diciamolo chiaramente, è una gran seccatura. Non sai mai come proporti; spesso non hai voglia di leggere la netiquette (norme di comportamento nei gruppi social); leggi i post degli altri e non trovi parole per commentare alcunché (non ti interessano, insomma); pensi che, anche se commentassi, rischieresti di sembrare saccente (perché tu ne sai, eh! se ne sai…); sai già che il tuo primo post sarà ignorato o che l’amministratore del gruppo non lo approverà e quindi hai in antipatia ogni singolo membro a prescindere. Chi te lo dice poi che lì dentro ci sia qualcuno che potrebbe apprezzare il tuo romanzo?

Se hai smesso di farti domande e di porti obiezioni e se, alla fine di tutto, resta il fatto che questo benedetto libro lo devi far conoscere, allora animo, nei gruppi ci devi entrare. Cerca quindi di farlo nel modo migliore, prenditi un po’ di tempo per vedere come interagire, evita in ogni modo di fare spamming selvaggio (in pratica non abbandonare indifesi link all’acquisto del tuo libro, senza neppure un rigo di spiegazione) e trova in te l’arte antica del “pazientare”. Perché qualcosa a un certo punto si muove. Se ci riesci, studiati i gruppi su Goodreads (io ci sto provando), perché pare siano i migliori. Trovo che anche le community su Google +, anche se lente, siano piuttosto interessanti. Se non altro i tuoi post ricevono più visibilità sul motore di ricerca. Poi ci sono altre comunità.


editore_2199Le comunità su twitter. Ma esistono?

Forse chiamarle comunità non è corretto, perché su twitter non esistono i gruppi. Esistono però le liste, una sorta di raduno virtuale di utenti che, in qualche modo, cinguettano di argomenti di interesse comune. In genere si entra a far parte di queste liste perché qualcuno ci inserisce, ma quelle che si occupano di letteratura sono davvero poche, almeno che io sappia. Resta il fatto che, nonostante crisi paventate e interrogazioni sulla effettiva utilità, il vivo e vegeto twitter dà vita a discussioni e interazioni davvero straordinarie, e quasi sempre riguardano libri, editoria, cultura in genere. Anche politica e festival di Sanremo, ma questa è un’altra storia. Posso affermare, per esperienza diretta e personale, che il mondo editoriale tutto, compresi critici, giornalisti e blogger, cinguetta amabilmente. Quindi twitter è una meta-comunità letteraria che ne contiene altre più piccole ma molto, molto forti e seguite. Queste ultime si radunano sotto gli #hashtag (non devo dirvi cosa sono, giusto?), e tra i più potenti che conosco posso citare #stoleggendo, #scritturebrevi, #twletteratura, iniziative letterarie di diffusione culturale attraverso i tweet. Io ho partecipato a tutte (e continuo a farlo soprattutto con TwLetteratura) e devo dire che è davvero un modo straordinario per conoscere e farsi conoscere, per entrare a far parte di un circuito di veri appassionati di scrittura e lettura, circuito che spesso passa dal virtuale al reale. Su twitter non esiste una vera e propria netiquette, ma ci sono regole (ogni tweet non può superare i 140 caratteri), comportamenti da evitare (twittare non vuol dire chiacchierare in una chat), linguaggio da utilizzare (assolutamente italiano corretto e niente scorciatoie con abbreviazioni da sms). Tutto questo è utile a uno scrittore per far conoscere il proprio libro? Forse sarebbe meglio dire che è utile per farsi conoscere come autore. La pubblicità vera e propria è appannaggio degli editori, almeno su questo social network. Ci sono scrittori che ogni tanto annunciano l’uscita di un nuovo romanzo, ma le interazioni sono poche. Autocelebrarsi non funziona, a meno che non si sia “influencer” (no, non ve lo dico cosa significa…). Qualcuno ha tentato la strada dello storytelling, ma è un percorso difficile, i tweet si disperdono e, alla lunga, è davvero noioso.

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La novità delle comunità #Indie.

Veniamo al sodo. In chiusura del post precedente avevo accennato a queste nuove realtà che stanno prendendo piede nel panorama editoriale. Negli USA e nel mondo anglosassone in genere, esistono già da tempo: Indie Writers Alliance è un esempio strutturato di cosa gli scrittori self siano in grado di fare e proporre. In Italia siamo, come sempre, un po’ indietro ma, come dissi una volta, abbiamo il privilegio di osservare gli altri e di copiare meglio. Ultimamente mi sono imbattuta in Sad Dog Project, una sorta di marchio (non si tratta di una casa editrice) sotto il quale pubblicano online autori soprattutto di racconti thriller e noir. Racconti, perché non sono di facile collocazione, di genere perché… è capitato. Si tratta di selfpublishing di qualità. Gli autori si leggono tra di loro, si fanno l’editing (ci sono diversi professionisti nel gruppo), creano gli ebooks e la veste grafica e pubblicano nel sito e negli stores online. Ho chiesto loro perché thriller e noir, perché non dare spazio anche alla narrativa non di genere, per esempio. Mi hanno risposto che è una questione di competenze: loro si sentono “ferrati” in questo, sia come scrittori che come giudici. Trovo questo metodo di selezione coerente e onesto. Altra iniziativa simile è Extraverginedautore, e qui l’intento è palese: selezionare quegli autori self meritevoli (c’è un comitato di lettura interno che valuta i testi) e diffondere quei romanzi già autopubblicati con una vetrina di tutto rispetto (con recensione e tutto il resto). Il sito si prefigge l’arduo compito di “mediare” tra autore e lettore per salvaguardare, in primo luogo, quest’ultimo e far così scemare la naturale diffidenza nei confronti di chi non si avvale del filtro di un editore. In ultimo, non certo per importanza, c’è il progetto Satellite Libri, e qui l’asticella si innalza un pochino (mi perdoneranno gli altri, ma la struttura è poderosa). Non si parla di autori self, ma di editoria indipendente, quindi: librai, editori, scrittori, blogger. Tanta roba… Si sono riuniti tutti insieme con un obbiettivo comune: risolvere la crisi editoriale abbattendo i costi di distribuzione. Ma non solo. Fanno da vetrina e da veicolo per le nuove proposte editoriali, fanno da cassa di risonanza per eventi in tutta Italia, si fanno promotori di iniziative “libresche” (il 7 marzo apre a Roma il primo Secret Store), fanno conoscere al pubblico dei lettori gli autori emergenti, i blogger autorevoli e tutto ciò che circola nel mondo dell’editoria indipendente. Niente mainstream quindi. Ciò che trovo straordinario è che, all’interno della comunità, capita che ci si conosca tra di noi (sì, lo ammetto, ci sono anche io): autori che hanno l’opportunità di incontrare editori indipendenti, editori che chiacchierano con blogger e librai che prendono per mano tutta questa bella gente e la fanno crescere.

So che esistono molte altre iniziative simili utili agli autori Indie, ma queste tre mi sembravano esempi di eccellenza (e poi sono quelle che conosco meglio).

Allora cosa scegliere? I gruppi social o le comunità?

Credo che una scelta tout court non sia possibile, ma che sia necessario ponderare. Perché, in ultima analisi, uno scrittore vorrebbe solo scrivere, isolandosi dal resto del mondo secondo le più antiche tradizioni scrittorie. Allora una selezione va fatta, per evitare di farsi risucchiare da un vortice virtuale nel quale perderemmo la nostra identità. Io sono una scrittrice, eppure sono qui a raccontarvi metodi, strategie, utilizzo del web. Perché? Perché con la condivisione si impara. E nei gruppi si impara. E nelle comunità si impara. E imparare, per chi scrive, è vitale. Cercate di capire cosa vi è più affine, dove vi sentite più a vostro agio, quali di quelle persone (perché sono vive, non sono avatar) invitereste a bere un caffè per farci due chiacchiere. Ricreate nei social network la vostra società letteraria ideale, un po’ come quelle che negli anni sessanta e settanta animavano i salotti e i bar nei centri cittadini (mi vengono in mene il Caffè Greco e Rosati a Roma). Ecco, lì fermatevi più spesso possibile, a scambiare idee e opinioni, a partecipare e proporre. Magari vi viene qualche ispirazione, magari nasce una storia, magari incontrate il prossimo Calvino. Magari la letteratura torna ad essere cultura.