I libri e il web. Come presentare un eBook?

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Prendo spunto da un articolo recentemente apparso sul sito di una casa editrice, Zandegù. Il titolo è “Perché non faremo più presentazioni di libri”, che già di per sé pare una provocazione. Le motivazioni addotte sono sicuramente valide, almeno dal loro punto di vista: eventi spesso deserti, vendite poco o nulla del tutto, costi mai recuperati per spostamenti e logistica. Stiamo parlando di autori magari non conosciutissimi, magari non affermatissimi, autori che, quindi, non hanno ancora una schiera di estimatori su tutto il territorio nazionale, pronta a spostarsi per seguire il proprio beniamino. Autori emergenti, insomma. Il fatto è che il fenomeno delle presentazioni semi deserte non riguarda solo questi scrittori. Mi è capitato di partecipare davvero a moltissimi eventi del genere e, tranne alcuni casi in cui il “nome” tirava come le mosche al miele, spesso c’era poca partecipazione. I numeri citati nell’articolo sono perlopiù corretti, nel senso che si va dalle 20/30 persone alle 50/60, ed è già un grande successo. Io mi sono attestata, qualche volta, a metà strada tra le due cifre, e si trattava sempre della “prima” uscita del romanzo. Ma è anche capitato di avere una decina di persone presenti. E si fa lo stesso, con modalità diverse magari, con un rapporto più intimo tra scrittore e lettore, ma la presentazione non si può annullare, per rispetto di chi è venuto, per rispetto del lavoro svolto. (Leggete qui alcuni suggerimenti per una presentazione pubblicati da Vibrisse)

Ma allora dov’è lo sbaglio? Cosa non va in questo particolare metodo di promozione del libro? C’è stata una piccola discussione sui social network su questo argomento, ma andiamo per gradi. Perché, alla fine dell’articolo, la CE Zandegù si pone il problema di come promuovere un eBook, quindi un libro digitale, impalpabile, senza un corpo ma con un’anima meritevole di essere conosciuta. Dicevo andiamo per gradi perché la cosa più insensata, secondo me, è pensare che le presentazioni servano per vendere libri. Oddio, certo che si vendono anche libri – specie se la presentazione si fa in libreria – ma, se non si esce dal tunnel della vendita ad ogni costo, probabilmente le presentazioni andranno sempre più deserte, perché i lettori si sentono come intrappolati quando partecipano, obbligati all’acquisto, costretti all’ascolto passivo a volte con tanto di spoiler. Ecco perché una presentazione dovrebbe essere solo un momento di aggregazione, di spettacolo, cosa che stanno mettendo in pratica diversi librai, un po’ folli e molto appassionati, ma che hanno capito che le presentazioni concepite come una volta non funzionano più. Ovviamente la piccola o media casa editrice XYZ che ora mi sta leggendo protesterà, perché ha bisogno di vendere libri, perché la distribuzione costa troppo e quindi le presentazioni servono per fare cassa, perché “pubblicare autori emergenti comporta il coinvolgimento degli stessi alla promozione del loro libro, e sono loro che dovrebbero attrarre pubblico (???)”. Chiariamoci, editori cari, noi siamo scrittori e scriviamo, voi siete imprenditori e vendete. Poi va da sé che ci lasciamo coinvolgere, che strombazziamo a destra e a manca la pubblicazione del nostro libro e relativa conseguente presentazione. Tutto questo è logico, in un sistema di reciproco aiuto, purché l’equazione non sia invertita. Io, autore, non posso sentirmi in colpa se alla presentazione del mio libro vengono solo dieci persone: qualcosa non ha funzionato, e non può essere il mio romanzo che ancora nessuno conosce… Suggerisco quindi ai piccoli e medi editori, come già fatto in post precedenti, di concentrare i loro sforzi economici su altri fronti, che vanno da un ufficio stampa adeguato a social media marketing fatto come si deve, a richieste di recensioni e articoli sui media classici, etc etc etc. Ma che ve lo devo dire io?

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Noi autori Indie lo sappiamo bene quanto sia difficile promuovere il proprio libro ma, se ci affidiamo a una casa editrice, è proprio per poterci dedicare ad altro. Scrivere, per esempio. Diverso è il caso in cui si tratta della pubblicazione di un eBook. E anche qui i selfpublisher, gli autori indipendenti, hanno sperimentato sulla propria pelle quanto sia complicato presentarli. Non si può andare in libreria, perché i librai, per ovvie ragioni, non vedono proprio di buon occhio il libro digitale. Anzi, come tutti, non lo vedono affatto perché, fisicamente, non c’è. Si può pensare ad altre location: teatri, caffè letterari, pub, ristoranti addirittura. Ma allora non si potranno più concepire presentazioni classiche, con l’autore e il relatore in cattedra a parlare, parlare, parlare… sì, ci potrà anche essere qualche intervallo musicale, ma diciamolo, che noia! Una volta ho pensato a una “messa in scena”. Volevo presentare “Quella volta che sono morta” e l’ho fatto in una specie di teatro, nel cuore di Roma, con la recitazione vera e propria di alcuni brani. Poca gente (era San Valentino), qualcuno ha anche prenotato e successivamente acquistato l’ebook ma, considerando che lo stesso aveva un costo di 1 €, mi dite voi quanto ne possa essere valsa la pena? In quel momento ho capito che, udite udite, un libro virtuale può essere promosso solo con mezzi virtuali. Poi, magari, ci si può incontrare di persona per parlarne, dopo che è stato letto, davanti a una pizza o in una biblioteca, in un contesto diverso (pensare ad una conferenza sulle tematiche trattate, ad esempio, e con altri “attori” partecipanti, potrebbe essere una buona soluzione) da quello strettamente legato ai libri. Resta il fatto che un eBook ha solo l’anima, e per farla conoscere e apprezzare al pubblico lettore, l’anima di chi lo ha scritto deve essere molto più luminosa. E le cose sono due: o l’editore ci crede e si preoccupa di fare il suo mestiere di imprenditore, o è meglio che non lo pubblichi affatto. E per l’autore vale lo stesso discorso, che si tratti di self o di Indie: o hai un’anima più luminosa del tuo stesso libro, capace di attrarre lettori sulla fiducia, o lascia perdere. Non è mai morto nessuno per non aver pubblicato un libro.

I libri e il web. Come raggiungere il proprio pubblico di riferimento? I generi letterari.

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Trovare il proprio pubblico di riferimento, il proprio target, per dirlo in termini adatti al marketing. Ma che brutta cosa. Cerchiamo di capirci: non è brutto trovare il proprio pubblico di riferimento, è brutto dover fare la fatica di cercarlo. Perché, come è intuitivo, uno scrittore vorrebbe che fosse la sua casa editrice a svolgere questo compitino. E se si tratta di un selfpublisher? E se si tratta di un Indie? Va bene, se hai voluto la bicicletta devi anche pedalare, vero, ma questo non significa che sia facile o piacevole.

Dopo tutti gli articoli che ho scritto su come farsi conoscere attraverso il web, sugli strumenti utili per un autore Indie 2.0, dopo aver confezionato addirittura una guida, ecco qui la questione più importante. Sì, perché alla fine, in quella rete enorme e eterogenea di lettori che, casualmente o volutamente, incontriamo nel nostro cammino, dobbiamo scegliere quali pesciolini sono più adatti al nostro banchetto. Sembra brutto definire i lettori dei pesciolini che abboccano all’amo o si fanno catturare dalla nostra rete, pare quasi un inganno. Ma nel mondo delle metafore questa è la meno peggio. Tutti ci facciamo irretire da qualcosa, anche quando siamo convinti di operare una scelta individuale. C’è sempre qualcuno che è in grado di sollecitare un nostro lato edonistico e di spingerci in una direzione piuttosto che in un’altra. Ma lasciamo la filosofia ai filosofi. Parliamo di cose serie.

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Per trovare il nostro pubblico dobbiamo sapere che genere di storie scriviamo.
Questo è il punto essenziale. Io invidio tantissimo gli autori di thriller, noir, fantascienza, fantasy, young adult, erotico, narrativa rosa. Loro sanno benissimo qual è il genere che trattano, non ci sono dubbi in proposito. E il “mercato editoriale” è ben strutturato per ricevere le loro proposte, perché è più facile incanalare le risorse (pubblicitarie, economiche) in una direzione ben precisa sapendo che, se il prodotto è buono, si otterrano dei risultati, piuttosto che seminare in uno spazio e tempo indefiniti sperando che qualcosa accada. Questo è quanto accade con la narrativa generale. Mai termine poteva essere più disarmante. Davvero, se fossi un direttore di marketing e mi trovassi davanti a un prodotto così generico, alzerei le mani. Eppure io scrivo romanzi di narrativa generale, e come me molti altri. Ma allora che fare?

Bisogna scavare.
Chi scrive narrativa generale ha pochi limiti nella narrazione. Non ci sono cose tecniche e mondi futuri da inventare (fantascienza), né indagini verosimili da portare avanti e che abbiano un senso (thriller, noir). Non ci sono nomi, esseri strani, riti da rispettare e leggende (fantasy), né posizioni fantasiose in situazioni assurde da descrivere (erotico). Per non parlare di principi azzurri in scenari da favola o di giovani eroi alla conquista del mondo. Niente di tutto questo ma anche tutto questo. Nel senso che una storia di narrativa generale può contenere tutto, come un minestrone, e risultare credibile. Bisogna saperlo fare, però. Nessuno ci vieta di far incontrare al nostro protagonista, in una sera d’estate ai Tropici, con una luna grande che si specchia nel mare, una donna misteriosa, che magari compie antichi rituali e che, in un momento topico ed eccitante, aiuta il nostro eroe a trovare le risposte della sua vita. Che storia banale… Ecco, bisogna evitare di fare questo mix pasticciato, perché non ci aiuterà a trovare più lettori. Probabilmente li farà fuggire a gambe levate. Scrivere solo ciò di cui si ha competenza. Altrimenti si può sempre andare a coltivare pomodori, che nessuno ci ha ordinato di fare gli scrittori mediocri.

Chi scrive narrativa generale sa benissimo che, all’interno della sua storia, c’è di più di un semplice racconto. A volte c’è storia (per la collocazione temporale, per l’arco narrativo), a volte c’è crescita individuale (formazione), altre volte c’è denuncia (fatti di cronaca, rivolte sociali), altre ancora c’è il ricordo (i memoir sono stupendi, purché non siano autobiografie di perfetti sconosciuti). Insomma, sono davvero tantissimi gli ambiti in cui si può spaziare, quindi cerchiamoli. Quando mettiamo il punto finale alla nostra storia, abbiamo il dovere di sezionare il testo alla ricerca del messaggio più importante che abbiamo voluto inviare. Perché un messaggio c’è sempre, che ne siamo consapevoli o no. Una volta che lo abbiamo trovato, una volta che abbiamo deciso quale sia il più importante, allora possiamo anche targettizzare il nostro romanzo (immagino le smorfie di orrore che molti di voi avranno fatto). Sì, non è una brutta malattia. Dobbiamo dare un nome e cognome al nostro libro se vogliamo che sia trovato all’anagrafe scrittoria. Quindi:

  • Se è prevalente l’ambientazione storica, che sia lontana o un po’ più recente, avremo scritto un romanzo storico.
  • Se è prevalente la crescita interiore dei protagonisti, le relazioni interpersonali, la presa di coscienza, avremo scritto un romanzo di formazione.
  • Se raccontiamo fatti passati realmente accaduti che riteniamo debbano essere conosciuti, avremo scritto un memoir.
  • Se è prevalente la narrazione di fatti e situazioni attuali, che traggano spunto dalla cronaca o dalla realtà socio economica, avremo scritto un romanzo di narrativa contemporanea.

Insomma, sono tante le derive possibili, basta cercarle e avremo dato un “genere” al nostro libro. Ho detto al libro, non a noi come scrittori. Credo che, in linea generale, uno scrittore di fantascienza scriverà sempre fantascienza, come uno di thriller scriverà sempre thriller, e così via. Si tratta di specialisti nati, difficile far loro sperimentare altro. I generalisti sono più fortunati. Loro possono pescare ovunque, di volta in volta, e risultare credibili lo stesso. Per questo il “genere” non può essere affibbiato a loro come autori.

Forse solo nella letteratura sudamericana troviamo una categoria di autori che, pur scrivendo narrativa generale, quindi di fatto indefinibili, sono stati invece definiti. Sono i “visionari” come Marquez, la Allende, coloro che hanno inventato un genere tipico e assolutamente irripetibile in cui troviamo la cronaca, il misticismo, la formazione, la storia, la denuncia, il noir, il fantasy, tutto insomma. Che meraviglia! Quanto daremmo per poter inventare qualcosa di simile anche noi?

Rivolgiamoci al nostro pubblico.
Per ora e prima di diventare dei possibili premi Nobel per la letteratura, limitiamoci a scrivere belle storie e a proporle a quel pubblico che abbiamo individuato. Magari di nicchia, ma va bene. Se abbiamo scritto qualcosa di davvero interessante, sarà una nicchia che non ci abbandonerà. Rivolgiamoci a loro, immaginiamo di averli davanti e, come un inventore con il suo marchingegno, di spiegare con parole comprensibili cosa abbiamo voluto raccontare e perché. Se riusciremo a fare questo (nel chiuso della nostra stanza, davanti a uno specchio, insomma da soli), se riusciremo a convincere questo pubblico immaginario, allora sarà il momento di scrivere quelle parole pensate. Sarà il nostro “spot”, la nostra presentazione ufficiale. Non la sinossi, non il riassunto del romanzo per una casa editrice. Dovremo essere in grado di incuriosire senza svelare nulla, di attrarre senza circuire. Come? Beh, siamo scrittori, no?

 

I libri e il web: la guida è servita.

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Ci ho pensato e ripensato. Poi qualcuno mi ha scritto e mi ha chiesto: “Perché non pubblichi una guida?”. Mi sono detta che in fondo, dopo tanto scrivere sul blog di questi argomenti noiosi, la promozione sul web, i tools gratuiti sul web, le azioni social sul web, tanto valeva confezionarlo davvero un eBook. Al mio gentile interlocutore ho però fatto una domanda importante: “Se io la pubblico, tu la compreresti?”. Ha risposto di sì. E allora l’ho fatto. E l’ho anche messa in vendita! Ti piace la cover?

Per te che mi stai leggendo, però, c’è la possibilità di averla gratis se ti iscrivi al mio Circolo Letterario. Clicca qui e il gioco è fatto. Questo è solo uno dei privilegi di appartenere a questa ristretta cerchia di amici.

Come tutte le guide, anche questa sarà in continuo aggiornamento. Lo farò sul blog e poi, se me la sentirò, se ci sarà richiesta, se qualcuno mi invierà un’altra email con suggerimenti strani, ne pubblicherò un’altra. E poi un’altra ancora… e poi anche un nuovo romanzo, magari.

Non aspettarti la soluzione a tutto quanto sia possibile fare sul web per un autore Indie. Io non sono un tecnico, non sono uno specialista. Sono una scrittrice che sperimenta ogni giorno e, come te, vorrei che tutto fosse più semplice e più lento, come quando mi siedo davanti allo schermo bianco del pc e comincio a raccontare una storia, e mi prendo il tempo necessario. Nel mondo virtuale non è possibile, tutto corre a una velocità pazzesca, per questo è importante condividere ciò che si fa, compresi gli errori, per evitare di regalare tempo prezioso a qualcosa che prezioso non è. A questo serve questa guida, a regalarti tempo. Fanne buon uso.