Un manifesto per gli autori #Indie

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Autori Indie, autori self, scrittori di serie A o di serie B, editori EAP e NO EAP, editori indipendenti e mainstream. Forse, poveri lettori, è giunto il momento di fare un po’ di chiarezza. E dopo l’acquisizione di RCS da parte di Mondadori (da qui la nascita dell’ibrido colosso “Mondazzoli”), essere indipendenti è diventata una necessità. Ne vedremo delle belle alla prossima edizione di Più Libri Più Liberi a Roma, credo. E spero. Se tutte le CE piccole e medie, indipendenti nel midollo, facessero davvero fronte comune. E se i lettori favorissero il coraggio e la volontà di queste realtà piccole ma di qualità. E se gli autori più noti sul mercato si rivolgessero a questi imprenditori folli. E se, e se… e se anche un De Carlo afferma che, ora come ora, decidere di auto pubblicarsi potrebbe essere un’opzione da considerare, forse i tempi sono maturi, forse il paradosso è che proprio un’azione mainstream promuova la pubblicazione indipendente.

Si utilizza molto il termine selfpublisher come sinonimo di “sfigato”, “testo – spazzatura”, “inqualificabile”, e tutto il corollario possibile e immaginabile coniato da chi, ahimé, si è imbattuto in libri che del libro avevano solo l’aspetto esteriore, e a volte neanche quello. Vero, è successo anche a me, specie negli ultimi mesi in cui, lontana dall’Italia, mi sono immersa in letture troppe volte rimandate. Letture di auto pubblicati e non, e spesso non notavo la differenza (in termini di brutture). Perché succede, anche troppo spesso ultimamente, che il benedetto e agognato filtro editoriale non funzioni, e quindi si pubblichi qualsiasi cosa pur di produrre carta (o file). Dunque cosa fa la differenza? La qualità, direte voi. E chi la garantisce? Oggi come oggi nessuno (ci sono le dovute eccezioni, ci sono). Ma il lettore accorto ha degli strumenti validi a disposizione, neppure dispendiosi. Il web, ad esempio, è una straordinaria vetrina dalla quale attingere spezzoni, estratti, esempi di scrittura di papabili autori del presente e del futuro. Le case editrici indipendenti offrono assaggi dei testi pubblicati, gli autori self fanno anche di più coi loro blog, quindi… perché mai caro lettore non fai una piccola ricerca online prima di tuffarti in un acquisto?

Ma veniamo agli autori Indie. Mi piace questo nome (dovremmo dire Indipendenti, perché siamo in Italia, ma per una volta accettiamo un termine internazionale). Sono self? Anche. Sono pubblicati da case editrici? Anche. Sono ibridi? Direi di sì. Che cosa li caratterizza allora? Una scelta. Tutto qua. Io sono un’autrice Indie, perché i miei libri sono stati pubblicati da case editrici, perché non ho sborsato un centesimo per farlo, ma anche perché alcuni miei testi li ho auto pubblicati, e non perché nessuno li abbia accettati. Ho scelto di non sottoporli al vaglio di una CE per svariati motivi: erano poesie, poche per farci una raccolta (e poi non è che io sia questa gran poetessa) e ho pensato che il target di riferimento non giustificasse l’impresa; erano raccontini, riflessioni, pezzi di diario che mi piaceva rendere pubblici per farmi conoscere meglio dai miei lettori; erano romanzi di cui avevo ripreso i diritti (accade quando scade un contratto con una CE) ma che volevo avessero ancora qualche anno di vita nella versione digitale. Le cose che pubblico, in qualsiasi modo, possono anche non piacere, ma non per questo i testi non hanno subito analisi, revisione, editing. Anzi. Il patto con il lettore io l’ho ben chiaro in mente, sono lettrice anche io!

In ogni caso il fenomeno self, che qualche anno fa era visto come il fumo negli occhi da puristi, autori, lettori, oggi sta diventando qualcosa di diverso. Si è infranto un tabù, mettiamola così, e ci sono già le dovute scremature. Certo in Italia arriviamo buoni ultimi nell’accettazione di questa realtà, ma qualcuno un giorno mi disse che forse è meglio, che guardare a quello che fanno gli altri prima di noi ci dà l’opportunità di copiare solo il buono e di evitarci gli errori grossolani.

La scrittrice inglese Orna Ross, fondatrice e direttrice dell’ALLI (Alliance of Indipendent authors ) ha da pochissimo pubblicato un documento che rappresenta molto bene il “patto con il lettore” che un autore deve fare. Una sorta di dichiarazione d’intenti in cui definire le regole sul nostro modo di lavorare e rivendicare l’indipendenza e l’autorevolezza del nostro lavoro. Ritengo pertanto che sia indispensabile definire quello che per noi è determinante nell’attività degli Indie e quello che ci contraddistingue rispetto ad altri autori, e per farlo aderisco all’iniziativa di Orna Ross e invito gli autori Indie che si riconoscono in queste parole a diffondere il Manifesto con gli strumenti a loro più congeniali. Ringrazio Marinella Zetti per la collaborazione nell’elaborazione del Manifesto e per la traduzione dell’originale.

Questo il testo (adattamento dall’originale)

Io sottoscritto dichiaro:
Che mai rinuncerò alle migliori opportunità di pubblicazione per gli autori e non permetterò all’industria editoriale di rinnegare le proprie responsabilità verso scrittori e lettori.
Pubblico i migliori libri di cui sono capace. Prima di farlo, ho imparato a soddisfare gli standard della pubblicazione industriale nella progettazione, formattazione, produzione, marketing e promozione del mio libro, e in seguito ho pensato a come spingermi in modo creativo oltre questi limiti. Nel fare del mio meglio, mi do anche il permesso di commettere errori, fallire, riprovare e fallire meglio.
Pubblico in tutti i formati e scelgo le piattaforme in modo da poter diffondere il mio lavoro nel modo più ampio possibile.
Decido autonomamente la pubblicazione delle mie opere avvalendomi degli strumenti tecnologici necessari per realizzare i libri in formato digitale. Quando lo ritengo opportuno decido anche di pubblicare la mia opera in cartaceo, sempre con l’obiettivo di renderla fruibili al maggior numero di persone.
Riconosco di essere più flessibile e più vicino al lettore di ogni altro operatore del settore. Proprio per questo invito quelli che si sentono minacciati dal self-publishing a ripensarci e a rivedere il loro pensiero nei confronti degli autori indie.
Non chiedo a nessuno il permesso di pubblicare, né una pacca sulla spalla, né un contratto che offende le mie competenze e il pubblico dei lettori. Invece, pongo domande sul modo in cui i servizi editoriali a pagamento e gli editori commerciali potrebbero meglio sostenere gli autori e servire i lettori.
Sono consapevole della mia posizione privilegiata in quanto sono autore ed editore di me stesso e proprio per questo posso permettermi, di pensare e ripensare il “libro” fino a che non sarò soddisfatto del mio lavoro. Una consapevolezza che mi accompagna in tutti i miei rapporti con gli altri professionisti dell’editoria e che si traduce in un vantaggio per me, per gli altri autori e per i lettori.
Sono orgoglioso del mio status di autore auto-pubblicato.

Primi sottoscrittori del Manifesto:

Cetta De Luca

Marinella Zetti

Flaminia P. Mancinelli

Mario Pacchiarotti

Sergio Bertoni

Dominique Valton

Francesco Zampa

Roberto Fraschetti

Sonia Lombardo

Livio Cotrozzi

18 thoughts on “Un manifesto per gli autori #Indie

  1. Be’, quando un testo passa una sessione di editing e la formattazione/impaginazione è fatta in modo professionale, il resto è marketing e distribuzione. Non che non sia importante, anzi, ma ha poco a che fare con la qualità dello scritto. Se fossi un autore indipendente vorrei assicurare i miei lettori che il mio scritto abbia fatto i primi due passaggi. A quando il prossimo tuo romanzo? 🙂

  2. Potrei sorprenderti (questo in merito alla prossima pubblicazione…) Sono appena rientrata in Italia e per un po’ vorrei occuparmi di Anna, specie adesso che Ammaniti mi ha plagiato il titolo. Per il resto il manifesto parla chiaro, la qualità del testo viene al primo posto.

    • Sì, Serena lo aveva tradotto e avevo fatto circolare il suo post sui social. Noi lo abbiamo adattato al pubblico italiano. Per sottoscriverlo (per aderire), puoi semplicemente pubblicarlo a tua volta sul tuo blog e linkare l’articolo. Poi sta a te comportarti seguendone le regole…

  3. Pingback: Del #selfpublishing, degli autori #Indie e della mediazione nell’editoria. Tante domande, risposte nebulose. | Cetta De Luca

  4. Pingback: Indie Way – Cosa vuol dire essere autori indipendenti | Pagine Sporche

  5. Okay, non ho ben capito se ho sottoscritto oppure no. Poco importa. Sarei d’accordo su tutto, specie sul fatto apodittico che ogni letteratura diventa scrittura dove c’è lettura, cioè continuazione da parte di un “altro” di quello che era, faticosamente, il “tuo io”. Ogni racconto è modificato e ampliato da ogni lettore.Resta però la nostalgia dell’oggetto fisico del libro, che in quest’ottica andrebbe velocemente rarefacendosi. Il paradosso è che acquisto libri nuovi di autori emergenti, e al contempo compro molto spesso libri usati e a volte usatissimi dei grandi classici, o di libri con almeno vent’anni di vita. Sono anni che non compro libri nuovi di Eco, ma perché li trovo a 5 euro nelle bancherelle l’anno dopo. E, insieme al risparmio, mi giova il contatto fisico con quella cellulosa già toccata e a volte commentata da altri. Sto leggendo “Il suono della montagna” di Yasunari Kawabata. il libro contiene molti ideogrammi nipponici scritti col lapis… Chissà a chi appartengono? A qualche fratello, sicuramente. Ma quale?

    • Ciao Stefano e grazie per il tuo commento. Per sottoscrivere è sufficiente condividere il manifesto. Io ad esempio lo inserirò nelle mie prossime pubblicazioni. Se vuoi essere inserito in elenco magari dammi anche un link a un tuo blog o pagina personale.
      La “faccenda” dell’oggetto fisico, la nostalgia della carta insomma (come ti capisco…), si supera facilmente anche col self (ora StreetLib, ad esempio, ha inserito l’opzione print-on-demand). Bisogna sempre ricordare che col digitale cambia l’esperienza di lettura, non il contenuto…
      Infine, e scusa se approfitto ma è il mio blog, mi/ti domando: “Hai mai letto qualcosa di mio?” 😀
      E con questa bieca autopromozione ti saluto!

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